di Marco Marano
L’invasione di Afrin è condotta in terra da milizie dell’Isis letteralmente in incognito per confondersi agli occhi dei vari contendenti nello scenario bellico.
Bologna – La denuncia forte e chiara arriva da Numan Cilo, comandante delle Forze Democratiche Siriane a Deir ez-Zor. In una intervista all’agenzia di stampa ANF, il militare ha segnalato l’ennesima minaccia che l’alleanza turco-jiahadista rappresenta non soltanto per il quadro siriano ma anche per il resto del mondo.
“Le bande dell’ISIS avevano perso posizioni importanti, ed erano state messe in una condizione militare tale da risultare fallimentare, ma dopo l’inizio degli attacchi dello stato turco contro Afrin, le bande dell’ISIS si sono tirate su e hanno iniziato un’offensiva contro Deir ez-Zor”.
L’ago della bilancia
Se i piani del sultano Erdogan sono saltati poiché convinto che l’operazione su Afrin si sarebbe conclusa nel giro di pochi giorni, c’è anche da dire che le alleanze variabili stanno creando una situazione tragicamente surreale. Questo perché, allo stato attuale, i due fronti di guerra in Siria vedono conflitti e alleanze a corrente alternata.
L’ago della bilancia sono le bande jihadiste trainate dai qaedisti di Al Nusra. Questi stanno combattendo contro l’esercito siriano regolare di Assad, con Iran e Russia come alleati, nella regione di Ghouta. Ma Al Nusra, almeno formalmente, sta combattendo ad Afrin anche contro i kurdi, grazie all’alleanza con la Turchia e, questo si che sembra paradossale, al lascia passare della Russia.
Soffia il vento sulle vele dell’Isis
La composizione delle milizie jihadiste alleate della Turchia è variegata e si può compendiare in bande armate che hanno combattuto fin dall’inizio il regime di Assad. La Turchia le ha rimesse in gioco all’interno del cosiddetto Esercito Siriano Libero. Il traino è sempre la potente Al Nusra, composta da qaedisti. Ma mentre le unità militari kurde smantellavano l’apparato bellico del sedicente Stato Islamico, i pezzi allo sbando in fuga verso il confine sono stati reclutati dalla Turchia per combattere ad Afrin.
“Lo stato turco che attacca Afrin – ha dichiarato Numan Cilo ad ANF – punta decisamente per la seconda volta a soffiare il vento sulle vele dell’ISIS e a rafforzarla, insieme alle altre bande che come loro sono sul punto soccombere. Lo abbiamo visto nel campo di battaglia di Deir ez-Zor. All’epoca in cui lo Stato turco entrò ad Afrin, l’ISIS lanciò un’offensiva. Sanno che la battaglia di Afrin dà loro spazio per respirare. Perché la strategia della nostra struttura di combattimento è influenzata dalla situazione di Afrin “.
Sotto mentite spoglie
Nel momento in cui l’esercito turco si accingeva ad entrare nelle provincie di Jarablus e Azaz i jihadisti dell’Isis, indossando le uniformi di Al Nusra, si sono insediati e sono ancora lì. E così a Idlib e nelle vicinanze di Afrin… Secondo il comandante kurdo Numan Cilo questo rappresenta un grave rischio anche per i paesi europei…
“L’ISIS, dal punto di vista militare, è stata ferita. Hanno perso il territorio di Raqqa e di altri luoghi. Ma l’organizzazione adatta e cambia le loro divise in molte aree… Se l’ISIS recupera forza, potrebbe iniziare i suoi sanguinosi attacchi non solo in Siria ma in Francia, Germania, Belgio, Regno Unito e di nuovo in vari posti negli Stati Uniti. La Turchia sta creando le condizioni per arrivare a questo. La Russia e gli Stati Uniti stanno zitti di fronte a questo attacco… Quindi, potrebbe sembrare che siano ora confinati in un’area di Deir Ez Zor, ma i loro attacchi negli ultimi giorni a Heseke, Qamishlo, Shaddadi e in altre zone non dovrebbero essere considerati solo attacchi contro i curdi …”
C’è un retroscena
Il retroscena di questa grottesca situazione potrebbe essere individuata negli interessi che quell’area riveste da un lato o dall’altro. La Turchia è interessata oltre che allo smantellamento dell’esperienza della confederazione democratica, multi-confessionale e multietnica del Rojava, ma anche alle risorse da poter gestire in autonomia come il petrolio dell’aria di Deir ez-Zor, proprio grazie i jihadisti dell’Isis, con cui Erdogan fino al 2015 era in affari prevalentemente per l’acquisto di petrolio di contrabbando.
In un altro senso poi ci sono le commesse di vari paesi nei confronti della Turchia. Prima di tutto la Russia, con la vendita dei suoi missili aria-aria S-400. Poi la Francia che ha piazzato i suoi Airbus, l’Italia gli elicotteri d’attacco e la Germania i suoi carri armati Leopard.
Il popolo resistente
Le mire di Erdogan dopo 45 giorni di assedio ad Afrin rimangono dunque le stesse: annientare il popolo kurdo, deportando la cittadinanza in altre zone del paese, facendo posto ai gruppi salafisti sunniti in una logica di vera e propria pulizia etnica.
Considerato che ad Afrin sono presenti diverse entità nazionali siriane, poiché sfollati durante il conflitto, quello che probabilmente lo Stato turco non si aspettava è stata la reazione di tutte le donne e gli uomini che vivono ad Afrin, che oltre ad organizzare continuamente manifestazioni di protesta tra le strade del cantone, si stanno impegnando a difendere la loro terra in tutti i modi. Ecco perché l’assedio e le stragi di civili non stanno fruttando ad Erdogan e ai jihadisti dell’Isis nessun risultato militarmente efficace.
Fonte ANF
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