di Marco Marano
Il celebre parco bolognese della Montagnola, diventato una piazza di spaccio, presidiata da giovani dell’Africa subsahariana, è diventata la più efficace stigmatizzazione contro il “migrante-criminale”. Ma nessuno si domanda chi sono i clan mafiosi che realmente gestiscono i traffici in questo pezzo di città…
Bologna – Per raccontare questa storia vogliamo partire da Albert, così lo chiameremo… Ma perché iniziare proprio da lui? Perché lui, come tutti gli altri giovani migranti che spacciano erba alla Montagnola, sono la chiave di lettura del nostro tempo. Lo stigma del nostro tempo. Se su di essi infatti ricadono i mali del mondo occidentale, secondo la narrazione dei media mainstream e dei sistemi politici, che in Italia sono tradizionalmente interconnessi, per proprietà transitiva lo smercio di droga alla Montagnola è “cosa loro”.
Albert è un ragazzo gambiano, di 25 anni. E’ arrivato in italia 2 anni fa. Qualche anno passato in Libia a fare il muratore. Poi l’organizzazione del viaggio, ma prima il passaggio obbligato da uno dei lager nei pressi di Misurata, dove è stato picchiato e torturato.
Ci facciamo “agganciare” un venerdì pomeriggio, passeggiando tra le bancarelle del mercato multietnico, che il fine settimana si concentra dentro e fuori il parco. Qualche sguardo: indica la direzione dove contrattare. Poco lontano dalle bancarelle ci chiede il quantitativo. Ce lo porta. Ovviamente il nostro intento è altro, cioè quello di attrarre la sua fiducia per capire…
Quale emergenza?
La Prefettura di Bologna, agli inizi di dicembre dello scorso anno ha inaugurato la sua strategia di lotta agli spacciatori bolognesi: i mini-daspo… Nella sua ordinanza sulla Montagnola, segnalata da tutti i giornali locali, veniva sottolineato dalla Prefettura la “straordinarietà” della misura nella logica dell’ordine pubblico. Ma sappiamo che straordinario diventa sinonimo di emergenza.
“Pugno duro“ si disse contro gli spacciatori della Montagnola. Così un quotidiano locale descriveva la cosa: “nei prossimi sei mesi, se qualcuno, già denunciato o arrestato per fatti di droga dentro il perimetro del parco, venisse di nuovo sorpreso a commettere tali reati sarebbe allontanato immediatamente. Se dovesse di nuovo stazionare dentro la Montagnola poi, scatterebbero l’arresto fino a tre mesi e una sanzione pecuniaria”.
In realtà la vera emergenza è un’altra e riguarda la rete criminale guidata dalla ‘Ndrangheta che raccoglie attorno a sé un articolato partenariato tra diverse mafie internazionali, prima delle quali è quella albanese. Però in città ciò che fa più scalpore è quello che si vede alla luce del sole e cioè decine di giovani migranti, anche di minore età, che stazionano tutto il giorno in Montagnola, dove, a cielo aperto, possono “agganciare i clienti”. La maggior parte sono richiedenti asilo e rifugiati… L’offerta riguarda le droghe pesanti quali eroina e cocaina, ma il “core business” è quello della marijuana. E‘ gioco forza che la narrazione mainstream si soffermi sul fatto che questi ragazzi vengono in Italia per delinquere, in perfetto stile lombrosiano, anziché analizzare il malo modo in cui funziona in Italia il sistema d’accoglienza.
Albert ha una faccia simpatica. Non è sicuramente uno di quei personaggi inquietanti, soldati o broker mafiosi, che solo a parlarci mettono i brividi. Sono loro infatti i padroni della città, dal punto di vista dell’economia illecita, però uno come Albert diventa la rappresentazione del male da estirpare, secondo la suddetta narrazione dominante. Parliamo di uno che rischia in prima persona per pochi euro, per poter sopravvivere, quando il tema che dovrebbe far sobbalzare la comunità bolognese riguarda i milioni di euro che le mafie gestiscono sul territorio.
L’organizzazione criminale sul territorio
Le principali piazze di spaccio a Bologna sono localizzate in tre location specifiche: Montagnola e Piazza Verdi, il cuore della zona universitaria, prevalentemente per le droghe leggere, mentre l’ex Manifattura Tabacchi in via Stalingrado per le droghe pesanti.
Che la città delle Due Torri fosse uno snodo strategico dei traffici illeciti, dalle droghe allo schiavismo per fini di prostituzione, è una realtà conosciuta già dal 2007. Dal Dossier “Bologna crocevia dei traffici di droga”, a cura di Libera Bologna e Libera Informazione estrapoliamo alcuni elementi sostanziali su radicamento e gestione del traffico di droga a Bologna.
“A occuparsene sono soprattutto ‘ndrangheta, ma anche camorra, cosa nostra, coadiuvate dalle mafie straniere… Gruppi criminali che, almeno in questi territori, si mettono d’accordo e si spartiscono gli ambiti di interesse, per fare meno scalpore… Gli arresti che coinvolgono Bologna non riguardano solo lo spaccio, ma anche traffici internazionali di droga, proveniente da tutte le parti del mondo. E’ in particolare la ‘ndrangheta protagonista delle principali operazioni che hanno svelato il funzionamento del narcotraffico sul territorio”
L’erba che Albert ci consegna non sembra granché: ha un odore intenso ma malato. Cioè pare mischiata ad altro. Ci sediamo in una panchina. Albert ha uno sguardo sorridente. “Questa è buona zio…” Sono le sue parole più usate. Poi domanda: “Sei uno sbirro?” Gli facciamo un sorriso e per sdrammatizzare rispondiamo ironicamente con una battuta: “La mia ti sembra una faccia da sbirro?” Lui sorride: “Ah ok! Ok…!” Tutto sommato parla abbastanza bene l’italiano. Facciamo un po’ di resistenza all’acquisto, per verificare la sua reazione: “Questa è troppo poca, fratello…!” “No! No! Zio è giusta…”
Verso una democrazia criminale
Dalla Relazione della Direzione Nazionale Antimafia del 2016: “Lo schema criminale riscontrato risulta muoversi lungo un asse di continuità rispetto alla tradizionale capacità della ‘ndrangheta di proiettare le sue attività oltre i confini nazionali, assumendo il controllo di settori economici nevralgici, anche all’estero… La presenza di fiduciari e broker delle cosche in quei territori rappresenta uno degli aspetti meglio documentati dalle indagini”.
Ma come incide il giro d’affari del narcotraffico sul territorio locale dal punto di vista socio-economico? Gli investimenti nei settori legali della società porteranno gradatamente a cambiare, secondo la DNA, l’assetto della città.
Dal dossier di Libera: “Rimanendo invariato l’attuale trend ci porterà a mercati nei quali, progressivamente, i beni ed i servizi che acquisteremo ed il lavoro che avremo, ci saranno, in larga parte, forniti dalla emanazione di associazioni criminali. Dunque, il rischio è che la nostra democrazia liberale si trasformi in democrazia criminale, nella quale, le persone oneste che vogliono mettersi sul mercato ed iniziare una qualsiasi attività economica parteciperanno ad una gara truccata”.
“Quello che più fa riflettere è di come spesso, nella nostra regione, a fare il gioco di questa ‘democrazia criminale’ siano gli stessi emiliano-romagnoli che, per un proprio vantaggio personale si mettono a disposizione delle associazioni criminali mafiose… Quei dipendenti di società di sicurezza aeroportuale, quei finanzieri, quei commercialisti che hanno aiutato un passaggio, anche se piccolo, del traffico di droga, sono una parte grande del problema del radicamento mafioso”.
A Bologna Albert ha chiesto l’asilo politico. E’ andato in Commissione Territoriale e sono mesi che aspetta la risposta. Allo stato attuale vive come se fosse appeso ad un filo che lo solleva dalla realtà, tenendolo in sospeso: una situazione surreale tutta italiana. Si, perché Albert, come la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo che non possono avere uno status giuridico, non possono lavorare, non possono avere una casa. Cioè a dire: se non hai ancora il riconoscimento della protezione internazionale e non hai un domicilio non puoi avere rinnovato il permesso di soggiorno, così non puoi avere neanche un lavoro, quand’anche trovassi un’anima pia che te lo desse.
Il giro d’affari del narcotraffico a Bologna
Da un’analisi condotta dalla Società Italiana Patologie da Dipendenza lo scorso anno sulle piazze di spaccio delle principali città italiane (Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Bologna, Venezia, Firenze, Trieste, Torino, Roma, Genova, Milano, Verona), è stato individuato il “prezziario” delle sostanze stupefacenti.
“Per il mercato all’ingrosso, il prezzo di un chilogrammo di marijuana (o mille dosi) oscilla tra i 1.372 euro e i 1.859, mentre allo spaccio, un grammo (o una dose) va dai 6,80 ai 9,60 euro. Per un chilogrammo di hashish il “prezziario” oscilla dai 1.850 ai 2.850 euro mentre al “minuto” una dose va dai 10,58 ai 13,45 euro. Prezzi ben diversi per l’eroina e la cocaina. Per la prima, del tipo “bianca” (quella brown è meno costosa), si va dai 30.857 ai 39.071 euro al chilogrammo, con un grammo in strada che varia dai 52 ai 61 euro. Per la cocaina i prezzi lievitano oscillando tra i 35mila e i 42mila euro a chilogrammo che “piazzati” al minuto possono fruttare dai 66,50 ai 93,58 euro al grammo o dose“.
Ora, i sequestri di stupefacenti a Bologna, effettuati fino ad ottobre del 2017, ci offrono la possibilità di avere un quadro significativo del giro d’affari in città… Sono 1.281,835 kg di droga sequestrati: 30 kg di cocaina, 12 kg di eroina 900 kg di hashish e di marijuana. Se consideriamo, seguendo la tendenza nazionale, che i sequestri operati dalle forze dell’ordine rappresentano circa il 15/20 per cento dei quantitativi in circolazione, si ha una chiara fotografia dell’immenso flusso di denaro che circola sotto le Due Torri.
Un destino comune
Quello di Albert è un destino condiviso dal 70 per cento dei richiedenti asilo in Italia, cioè tutti quelli che non rientrano nel programma di accoglienza nazionale Sprar (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) finanziato dal Ministero dell’Interno e dall’Anci. Se lo Sprar rappresenta un modello virtuoso, tutti quelli che restano fuori, rientrano nella dimensione dell’emergenza, tra leggi inadeguate e speculazioni di vario genere.
Albert vive alla giornata. Ogni minuto è una lotta per sopravvivere. Per mangiare, per dormire tra un luogo di fortuna in periferia e una casa di qualche buon africano che gli permette di fare una doccia. In Montagnola passa il suo tempo sempre con quel sorriso appeso sul viso, pieno di ottimismo per il futuro. Dallo spaccio riesce a racimolare quella trentina di euro alla settimana che gli consentono un pasto giornaliero.
Le rotte su Bologna
Se la contrattazione è l’arte della vendita, spendiamo con Albert qualche minuto di tira e molla… Allora arriviamo ad una conclusione: io divento suo cliente fisso e lui me ne dà di più… Così mi lascia il suo numero di telefono e diventiamo “amici”… Ci presentiamo, ci stringiamo la mano, “parlicchiamo”. Poi chiama un altro giovane africano che gli porta un altro po’ di erba. Con un tono di rimprovero verso Albert gli dice con uno stentato italiano: “Prossima volta non qui ma nell’ufficio!” L’ufficio sarebbe una piccola scalinata in mattoni che collega due delle ali all’entrata del parco. Albert fa un largo sorriso e con tono rassicurante, mi dà appuntamento alla prossima…
Dal dossier di Libera: “Va, inoltre, registrata la nuova rotta marina che è stata tracciata dalla criminalità organizzata albanese e che, tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre scorsi, ha portato, in due distinte operazioni antidroga effettuate dai carabinieri, al sequestro complessivo di oltre 5 tonnellate di marijuana trasportate su gommoni e scaricate lungo il litorale di Ferrara e di Ravenna. Insomma, la costa adriatica romagnola, dopo quella pugliese e marchigiana, sta diventando di particolare interesse anche per la mafia albanese”.
Le giornate di Albert vengono scandite con la paura di essere preso dalla polizia senza tra l’altro aver piena coscienza di quello che potrebbe capitargli se venisse arrestato: certo abituato alle carceri libiche… Ma la grande incognita per Albert, come per gli sventurati ragazzi che per lo Stato e la società italiana sono semplici fantasmi, rimane il responso della Commissione. Il tema è che a lui come a quella decina di giovani gambiani e senegalesi che stazionano in Montagnola, anche se la Commissione Territoriale di Bologna gli riconoscesse lo status di rifugiato, la loro vita non è che cambierebbe più di tanto rispetto alle dinamiche del quotidiano.
Continueranno a non avere un lavoro, a non avere una casa, anche perché comunque vada a Bologna non si affitta più a stranieri. Continueranno insomma ad essere fantasmi. Certo, la pressione sulla propria anima, in attesa di una risposta così importante da parte dello Stato che ti ospita, se fosse positiva, sarebbe come avere coscienza di essere uomini liberi.
Ma se per loro sarebbe già tanto per la società italiana è troppo poco.