Il Piano Condor dell’informazione
Dall’America Latina al Medioriente, dagli Stati Uniti all’Europa, la manipolazione della realtà, che sta portando al potere i nuovi fascismi, ha precisi obiettivi in tutti i paesi del mondo: sovvertire le dinamiche del consenso, costruendo realtà artificiali, attraverso le proprietà transitive del linguaggio.
di Marco Marano

Bologna, 25 gennaio 2019 – Le recenti vicende legate al tentato golpe venezuelano pongono l’accento sulla narrazione degli Stati Uniti e dei governi europei, i quali hanno sostenuto un tentativo di golpe contro un governo eletto dal popolo, delle quali elezioni presidenziali viene messa in dubbio la legittimità. In modo contrario invece la legittimità dell’elezione che ha portato l’opposizione di destra ad avere la maggioranza parlamentare non è stata messa in discussione. Così un golpista diventa leader legittimo del paese e il presidente eletto viene trasformato nell’usurpatore…

C’è poi la storia della rivoluzione kurda nel nord della Siria, con l’esperienza di democrazia dal basso del Rojava, che è una delle questioni, insieme a quella palestinese, ancora aperte dopo un secolo di rivendicazioni e lotte per conquistare l’autonomia che ogni popolo merita. Parlare della questione kurda, a differenza questa volta di quella palestinese, è come interessarsi di un fantasma. Questo perché, per il mondo occidentale, cioè il mondo mainstream, la questione kurda non esiste, non è raccontata, forse non interessa…

Allo stesso modo, dall’all’atra parte del mondo, in Brasile, il sistema mediatico mainstream, che vede la holding O Globo, insieme a grandi giornali, primo dei quali, quello più letto in Brasile, Folha de S. Paulo, legati, in un sistema di tipo massonico, attraverso centri studio, ai grandi interessi finanziari del capitalismo neoliberista verdo oro, hanno sostenuto il golpe istituzionale che ha estromesso dal potere Dilma Rousseff e condannato alla galera, senza prove, Lula.

In Italia, nello specifico, sono tre le dinamiche che vanno ad incrociarsi: la decontestualizzazione, il ricorso semantico alle proprietà transitive, infuso al popolo europeo, cioè quello italiano, con il più alto tasso di anafalbetismo funzionale.
Così, la narrazione sulla politiche migratorie, inventa una realtà al contrario: “Il governo italiano è impegnato a salvare le vite nel Mediterraneo riportando i migranti in Libia, perché è un porto sicuro… L’obiettivo è quello di combattere gli scafisti e i trafficanti di esseri umani”.
Un modello sociale diverso è possibile

La lotta per l’autonomia del popolo kurdo, soprattutto in quel pezzo di Siria, che nel 2012 è stata ribattezzata Rojava, trova uno dei principali punti di snodo in quel 19 luglio di sei anni fa, appunto, il giorno in cui si commemora la rivoluzione dal basso, poiché coincide con la presa della città simbolo di Kobane.
Iniziava così la guerra contro l’Isis e la trasformazione sociale, culturale ed economica dell’area, dove i comitati civici di base, coordinati dalle donne, diventavano i luoghi decisionali.

Sei anni dopo l’Isis è stata sconfitta militarmente, la rivoluzione si è allargata a tutti i popoli del nord della Siria, rappresentando un esempio del modo in cui “un mondo diverso da quello capitalistico sia possibile”.
Ma sei anni dopo si è formalmente palesata la pulizia etnica turca in Rojava, con la presa di Afrin e l’abbandono degli Stati Uniti dal territorio per lasciare mano libera alla Turchia…
Quella del Rojava è stata una rivoluzione che ha messo in discussione il sistema neoliberista. In tal senso parole come “verità”, “fatti”, vengono sacrificate sull’altare della “realtà istituzionale”, lontana dalla gente e dalle dinamiche del nostro tempo.

Fortunatamente, oggi, il web ci mette a disposizione strumenti e praterie sociali che ci consentono di riconciliarci con la “realtà vera”. Si perché uno degli aspetti straordinari del popolo kurdo è che non solo sia riuscito a costruire, praticamente dall’indomani dello scoppio della guerra siriana, un modello istituzionale avanzato e anticapitalistico, parliamo appunto del Rojava, ed è riuscita a farlo in mezzo ad un conflitto bellico… Ma si è, negli anni, attrezzato di un fitto sistema informativo, estremamente strutturato, con agenzie stampa e siti di notizie in loco, finalizzato proprio a bypassare il silenzio.
Il Piano Condor dell’informazione: dall’America latina al mondo occidentale

Ma la questione kurda è soltanto uno dei temi entrati nella spirale del silenzio. In quanti avranno sentito o visto su qualche medium mainstream notizie o approfondimenti sullo sconcertante caso del popolo Mapuche in Cile, fatto passare per un popolo terrorista, come i kurdi, poiché stanno difendendo, con modalità di vera e propria resistenza, la loro terra espropriata con l’inganno dalla famiglia Benetton. E come non ricordare la resistenza a Standing Rock del popolo Sioux contro il progetto di un oleodotto che minaccia le falde acquifere dell’antica riserva dei nativi…

Ora, la spirale del silenzio non è il solo paradigma teso all’occultamento della realtà, che rientra a pieno titolo nei processi di manipolazione mediatica. Un altro è quello segnalato, dal giornale “il manifesto”, nel maggio dell0 scorso anno, attraverso un’intervista al politologo argentino Attilio Boron. Egli sostiene, a proposito del crollo dei governi progressisti latino-americani, tramite pratiche golpiste, che “la borghesia imperiale”, così la definisce, e quindi le oligarchie finanziarie, hanno creato una sorta di “Piano Condor dell’informazione”.
Se il piano Condor argentino era funzionale a fare sparire gli oppositori, buttandoli giù dagli aerei, quello informativo è finalizzato a far sparire la verità. Questo attraverso la partnership tra holding mediatiche e governi corrotti. Gli esempi di Brasile, Argentina, Honduras, Perù, Cile sono all’ordine del giorno.
Il Piano Condor brasiliano

Quello brasiliano può essere considerato il vero e proprio modello originario. Questo per due ragioni di fondo su cui è stata costruita la più grande mistificazione di massa, forse della storia del paese, poiché attivate da un golpe istituzionale che ha coinvolto la maggioranza del penultimo parlamento eletto, ampi pezzi della magistratura e i due più importanti imprese mediatiche di massa: O Globo e Folha de S. Paulo.
Innanzitutto vi è quella che ha portato alla defenestrazione della Presidentessa Dilma Rousseff e alla condanna di Lula.

Per “eliminare” la Presidentessa è stato utilizzato lo strumento costituzionale dello stato di accusa sulla famosa “pedelata fiscale”, che non rappresenta nessun crimine presidenziale tale da richiedere il voto parlamentare di impeachement.
Poi, per impedire la rielezione di Lula, dato per favorito in tutti i sondaggi, attraverso Sergio Moro, l’attuale ministro della giustizia di Balsonaro, nominato per “meriti sul campo”, l’ex presidente viene arrestato e condannato a 16 anni di carcere per aver accettato un appartamento come sorta di tangente. Peccato però che non è stata prodotta alcuna prova documentale di questo illecito, inventato ad arte.

In tale contesto, il popolo brasiliano è stato convinto che i corrotti erano i due presidenti del partito dei lavoratori, che comunque ha avuto tra le sue file parlamentari casi di corruzione dichiarata. Un gioco durato due anni che ha portato il neo presidente fascista Bolsonaro al potere, dipingendosi come il persecutore dei corrotti.
Peccato anche qui, perché subito dopo la sua elezione viene scoperto un caso di bustarelle indirizzati a vari parlamentari, da parte del figlio Flavio neoeletto al Senato e della moglie, attraverso un conto corrente di un collaboratore. E subito i brasiliani hanno fatto scendere il loro consenso, registrato attraverso i sondaggi.

La perfetta riuscita del Piano Condor brasiliano ha avuto, dunque, una forte ricaduta in Europa, poiché tolti pochissimi esempi come The Guardian e Le Monde o anche France 24, nessuno ha scritto niente negli ultimi due anni sul Brasile che non fosse la rappresentazione manipolata della realtà.
Contemporaneamente però i media mainstream, soprattutto italiani, facevano le loro campagne del terrore sulla vicenda venezuelana… Si apprendeva quindi che l’unico vero attentato alla libertà e democrazia in America Latina veniva unicamente da Maduro…
Il Piano Condor venezuelano

Il Venezuela, insieme al Brasile, è l’esperienza più sconcertante in relazione alla “scomparsa della verità”. Gli errori storici, legati all’estrattivismo e alla corruzione interna, di Chavez e Maduro che hanno determinato la crisi economica del paese, sono stati utilizzati da Trump per sobillare ulteriormente il sistema economico venezuelano.
La crisi economica sobillata dagli Stati Uniti, dai governi latino-americani d’ispirazione fascista che stanno dentro Oas, e dall’Europa, ha determinato una furiosa azione prima contro Chavez, il quale ha superato due o tre tentativi di golpe, e adesso contro Maduro.
Se questo è stato lo scenario, l’opposizione di estrema destra, rappresentante delle democrazie occidentali, ha tentato il golpe varie volte, prima dell’ultimo tentativo di Juan Guaidò, proprio con il suo pigmaglione Leopoldo Lopez. Un personaggio per tutte le stagioni, organizzatore con i dollari americani delle Guarimbas, e per questo arrestato con le accuse di istigazione alla violenza nelle strade, associazione a delinquere, intimidazione pubblica, lesioni gravi, omicidio e terrorismo.
Una storia mai raccontata dai media mainstream.
Ma per capire chi è veramente il personaggio proponiamo una ricostruzione giornalistica della sua famiglia, realizzata dalla rivista on line “L’Antidiplomatico”:
Leopoldo Lopez è il rampollo di una potente e ricca famiglia venezuelana. Suo zio è stato ministro durante il mandato di Eleazar López Contreras, presidente che esiliò politici e persone comuni solo per il sospetto che avessero simpatie comuniste o anarchiche. Suo padre è stato accusato di frode e riciclaggio di denaro, secondo un’investigazione dell’Interpol, per lo spostamento di decine di migliaia di dollari verso Singapore. Sua madre è stata vicepresidente del gruppo Cisneros, uno dei principali finanziatori e sostenitori, attraverso la catena Venevision, del colpo di Stato nel 2002. Rimase coinvolta in uno scandalo per conflitto di interessi, quando emersero trasferimenti di fondi pubblici a favore di suo figlio, allorquando ricopriva un ruolo manageriale nella compagnia petrolifera statale PDVSA. Leopoldo Lopez ha studiato presso la Kennedy School of Government, dell’Università di Harvard, sito che è di particolare interesse per la Central Intelligence Agency (CIA). Mentre in precedenza ha studiato presso il Kenyon College, nello stato dell’Ohio, dove la CIA ha inserito alcuni suoi elementi tra gli insegnanti, il cui compito è quello di individuare tra gli studenti, quelli che possono essere utili alla propria causa. Una volta fatto ritorno in Venezuela si è legato all’International Republican Institute (IRI) del Partito Repubblicano statunitense, che gli ha concesso tutto il suo supporto strategico e finanziario. A questo proposito, dal 2002 ha condotto frequenti viaggi presso la sede dell’IRI a Washington per sostenere incontri con funzionari del governo di George W. Bush.

Uno dei principali elementi di manipolazione della realtà che il piano Condor dell’informazione ha determinato è legato, appunto, alle “Guarimbas”. Sono gruppi armati organizzati finanziati dagli Stati Uniti, finalizzati a creare disordini e scontri, tipo saccheggi di esercizi pubblici, affinché le loro azioni possano essere ascritte alla repressione del governo venezuelano.
Ecco che entriamo nel vivo della questione. Al di là delle responsabilità storiche del bolivarismo una cosa è sicura e cioè che, in tempi non sospetti, ha tolto dalla povertà milioni di venezuelani e per questo gran parte del popolo è con Maduro, ma tale realtà in Europa non apparirà mai.
Quindi, per proprietà transitive, se c’è la crisi economica e il popolo non ha di che mangiare, vuol dire che Maduro è un dittatore.
La storia dei golpe targati Cia in America Latina, insegnano che gli oppositori dei dittatori vengono lanciati dagli aerei.

Maduro anziché far sparire gli oppositori, prima ha accettato la vittoria della maggioranza di estrema destra, poi ha rispettato la prassi che affida la presidenza del parlamento alle forze di maggioranza… Però, secondo il piano Condor dell’informazione, l’elezione che l’ha portato alla vittoria il Presidente è stata manipolata mentre quella del parlamento no.

Una prassi istituzionale che rispetta l’opposizione un dittatore non l’adotta.
Si pensi ad uno dei partner privilegiati dell’occidente che si chiama Al-Sisi, presidente golpista dell’Egitto: lui, l’opposizione la tortura, la uccide, la imprigiona… Evidentemente in Italia l’assassinio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato dalla sua intelligence, non rappresenta nulla dal punto di vista della realtà da raccontare.

I leader europei, che gridano contro il presidente venezuelano, gli stringono la mano e fanno affari con lui.
Il tema quindi è questo: se sei partner commerciale affidabile, anche se sei un macellaio, rientri nella legalità internazionale, mentre se al contrario su di te non ci si può contare allora sei un dittatore da sostituire…
Il Piano Condor turco: popolo kurdo è un popolo terrorista

Nel momento in cui la disinformazione passa dai due paradigmi suddetti, la nostra scelta personale, dal punto di vista giornalistico, è stata quella di cercare fonti direttamente sul campo, che potessero connotare la realtà così com’è.
Grazie alle agenzie di stampa kurde come ANF, ANHA, Jinha News, Kurdish Question, Ekurd Daily (edito negli Stati uniti), abbiamo avuto la possibilità entrare dentro le reali dinamiche legate a quel pezzo di Medio Oriente.
La questione kurda è oggi al centro del “piano Condor turco”. Avere trasformato le secolari istanze di autonomia culturale e politica, generatesi dopo il genocidio all’indomani della prima guerra mondiale, e la conseguente resistenza guidata dal PKK di Ocalan, in attività terroristiche, ha determinato l’allucinante equazione: popolo uguale terroristi…

Attenzione perché questa non è una questione semplicemente simbolica: nel momento in cui l’intero popolo è considerato terrorista, diventa legittimo, non solo reprimerlo, ma ucciderlo deliberatamente.
Nell’estate del 2015 Erdogan avvia la campagna del terrore contro il “popolo terrorista”, rompendo la tregua raggiunta con il PKK. Così per quasi un anno ha sterminato donne, bambini, uomini, anziani negli insediamenti kurdi nel sud del paese, al confine con la Siria. La campagna di sterminio nel sud della Turchia iniziava proprio nell’estate del 2015 con il suo picco tra febbraio e maggio del 2016.
Nell’estate del 2015 succede però un fatto strano… Al confine con la Turchia, l’unica resistenza armata all’Isis, con l’assedio di Kobane, viene condotta proprio dal popolo kurdo, dove soprattutto le donne combattono e respingono i tagliagole dello Stato islamico. Kobane viene contesa prima dagli uni e poi dagli altri. In un momento di grande difficoltà della resistenza Kurda, pezzi del suo popolo in Turchia, decidevano di andare ad aiutare gli assediati contro l’Isis, che, ricordiamo, per l’occidente era il male assoluto. Il popolo combattente kurdo si apprestava a varcare il confine per sostenere i propri fratelli in difficoltà.

Ma la Turchia glielo impedisce! Impedisce ai kurdi, pronti a combattere contro l’Isis, di andare in soccorso dei propri concittadini che stanno morendo… E’ proprio in questo momento che Erdogan, da uomo forte, abbastanza corrotto, ma tutto sommato che, a parte i fatti di piazza Taksim, si muove nel recinto della democrazia, decide di eliminare lo stato di diritto per diventare a tutti gli effetti un “Sultano”.
La situazione kurda ha assunto in questi anni toni paradossali se non grotteschi. Da un lato Erdogan definisce terrorista il popolo kurdo, dall’altro le unità di combattimento kurde sono quelle grazie alle quali, sul campo di battaglia, viene militarmente sconfitto l’Isis. Per questo partner affidabile degli Stati Uniti. Certo, tutta la guerra in Siria ha assunto toni tragicamente grotteschi, proprio perché si è caratterizzata come guerra per procura…
Le proprietà transitive del Piano Condor italiano

Da Il Messaggero: “Giuseppe Conte ieri pomeriggio ha provato a metterci una pezza alzando il telefono di palazzo Chigi e facendo arrivare – attraverso l’intelligence italiana – un messaggio chiaro al presidente del Consiglio Presidenziale libico, Fayez Al Serraj, e al generale Khalifa Haftar: «Salvate i migranti in mare e portateli al sicuro».
Nella realtà i due a cui Conte ha invocato aiuto sono in guerra, non apertamente dichiarata, in mezzo alle microguerre tra le centinaia di clan che si spartiscono, armi, petrolio e i traffici dei migranti, in collaborazione con la Guardia Costiera libica. I trafficanti di esseri umani sono quei clan che si spartiscono le risorse del territorio, che, come segnalato dall’ONU, sono legati in affari prrprio con la guardia costiera di Al-Sarraj…

Dire a due che stanno in guerra di portare al sicuro delle persone, che in quel paese sono ridotti in schiavitù, significa dare una soluzione che non esiste. Significa legittimare nei fatti violenza e morte. Ma significa anche stimolare quella massa di elettori sottomessi all’anfabetismo funzionale (quindi che non solo non si informano ma delegano esclusivamente al sistema di potere il primato delle informazioni), a dimensionare la loro “cattiveria”, come segnalato dai ritratti statistici dell’italiano di oggi…
Si, perché una frase come quella del Presidente del Consiglio italiano, diventa fattiva nel momento in cui viene decontestualizzata. In questo caso il contesto è la Libia, un paese senza stato né legge, dove micro eserciti si combattono e le cui carceri ufficiali e non sono luoghi infernali dediti allo schiavismo, allo stupro, alla violenza sadica, alla morte.
Dire, quindi, “portateli in Libia al sicuro” è un ossimoro. Un ossimoro che si macchia di sangue, in mano ai carnefici del linguaggio, che si trasformano in mandanti di stragi…
Foto in evidenza: AFP Getty Images
CREDITS: Afp, Ap, Ansa, Reuters, Anf, Anha, jinha, Melting Pot