Pratiche di racconto sui diritti negati nel mondo nell’era della post-verità
Il progetto on-line

Quando è nata l’idea di creare un web magazine autoprodotto che portasse all’attenzione i temi legati ai diritti negati nelle aree calde del mondo, era il 2011. L’obiettivo era quello di descrivere il contesto che produce i processi migratori e le conseguenti politiche dei paesi neoliberisti. Ci siamo posti un quesito: “quale può essere la funzione di un medium in questo tempo storico?” Ma prima di rispondere a questa domanda occorrerebbe fare una considerazione di fondo. Si, perché se la missione di un organo d’informazione è condensata nel “valore pubblico della notizia”, che dovrebbe fare da specchio della realtà, il suo contraltare, nella cultura informativa dei paesi ad influsso neoliberista, si manifesta nella mistificazione dello stesso: il decennio qui raccontato ci ha portato alla società della
post-verità.
Ecco perché il nostro obiettivo è stato quello di elaborare pratiche legate alla comunicazione giornalistica al di fuori delle distorsioni del sistema mediatico mainstream, ristabilendo la giusta equazione tra gerarchia delle notizie ed il valore pubblico delle stesse, al fine di superare dettami e stereotipie proprie alle strutture informative. E’, in qualche modo, l’idea di ridefinire la mappa sociale della comunicazione, soffermandosi sui paesi del sud del mondo, per focalizzare l’attenzione su quello che succede laggiù.
Forse possiamo dare la risposta alla domanda che ci siamo posti all’inizio: “quale può essere la funzione di un medium informativo in questo tempo storico?”
I Topic
- Pensare ai migranti, come a noi stessi, in quanto cittadini di un mondo dove tutti possano essere liberi di spostarsi.
- Comprendere le vere ragioni che spingono le popolazioni a lasciare la propria terra per cercare riparo in altri continenti e in altri luoghi.
- O che la loro incolumità venga messa a rischio o che a rischio ci siano le proprie speranze.
- Un mondo, insomma, dove tutti abbiano i medesimi diritti di cittadinanza, a prescindere…
- La verità è che il pericolo al mantenimento dello status di “cittadini occidentali” non proviene dagli stranieri che migrano da un paese all’altro.
- Il vero pericolo proviene dalle differenze sempre più macroscopiche nell’accesso al benessere.
- La circolazione delle risorse viene canalizzata sulle classi dirigenti e non sul bene pubblico…
Abbiamo Voluto raccontare il nostro tempo in una sorta di viaggio a ritroso, che ci ha permesso di guardare agli “stranieri” come cittadini portatori di diritti negati nei loro paesi d’origine, e con quello che è successo negli anni dieci del XXI secolo, in Europa, possiamo dire che lo stesso è accaduto nel vecchio continente. Sappiamo che i valori della civiltà liberale si fondano sulla possibilità per tutti di essere cittadini liberi e di difendere la libertà altrui, perché questo significa difendere la nostra stessa libertà… Così ci hanno insegnato i padri fondatori dello stato di diritto, e così hanno continuato a raccontarci chi di quei padri fondatori ne vanta l’eredità. Se così stanno le cose, dunque, comprendere le vere ragioni di chi la libertà di essere cittadino non la possiede, oggi è il principale dovere delle donne e degli uomini liberi della nostra epoca.
Ma c’è anche un discorso sul linguaggio che ci tocca da vicino. All’inizio di questo percorso abbiamo inteso mettere a fuoco le diverse tipologie di comunicazione, testuale, sonora e visiva, col preciso intento di sperimentare forme di racconto, costruite su ritmiche diverse. Ognuna utilizza un linguaggio differente nel suo pezzo di racconto, ma quando tutte vengono messe insieme diventano il racconto stesso. In tal senso il linguaggio “delinearizzato” del web, cioè senza un inizio e senza una fine, trasforma il medium in una mappa, dove ogni cittadino può costruirsi il proprio percorso. Ecco che la dimensione emotiva oltre che cognitiva gioca un ruolo fondamentale grazie ai suoni e alle immagini mixati e sovrapposti, secondo una logica ritmica a cui il racconto di ciò che avviene nei cento mondi deve adattarsi. Anche perché l’uso di materiale sonoro, proveniente dai media di massa videotelevisivi, permette di amplificare la carica emotiva sul contrasto tra bianco e nero.
Se la separazione tra spazio pubblico e spazio privato si è perduta negli anfratti del tempo tecnologizzato, occorre ridare valore pubblico alle notizie, fuori dalle grinfie dei dettami commerciali e degli imperativi politici. Le storie di vita ad esempio diventano un modello esplicativo della realtà se raccontate attraverso il loro valore pubblico. Allo stesso modo la distanza siderale che c’è tra la realtà dei cittadini e quella raccontata dai giornali è la medesima distanza che c’è tra l’azione dei governi e i bisogni della gente. La rivoluzione del web consente quantomeno di mettere mano al primo dei problemi della nostra società: permettere al giornalismo di riappropriarsi dei suoi innati valori di cittadinanza. Attraverso il web la comunicazione giornalistica può attivare una riorganizzazione di senso e significato del concetto stesso di giornalismo. Negli anni dieci questo è potuto accadere con quello che è stato definito “citizen journalism”.
Questo nuovo concetto è stato prioritariamente legato alla capacità di offerta di internet, nella “circuitazione” delle informazioni che, dai blog ai social media, hanno posto in essere il protagonismo del cittadino in quanto tale, dove esso stesso, attraverso la sua partecipazione attiva, può diventare produttore di informazioni, che vengono “deistituzionalizzate” poiché partono dal basso. Si può anche dire, soprattutto per ciò che concerne l’Italia, che il citizen journalism ha anche in qualche modo ridato senso al concetto di valore notizia, distorto dai meccanismi interni del sistema di produzione delle informazioni, tipici della catena di montaggio dei grandi network di carta stampata e radio-televisivi.
E’ un racconto pubblico quello che abbiamo fatto. Sono le storie dei protagonisti del nostro viaggio. Perché sono vere storie di vita che occorre conoscere se si vuole avere un’idea, se ci si affretta ad emettere un giudizio sul tema. Ma è la storia anche dei paesi del sud del mondo, delle cui condizioni, in modo storicamente conclamato ormai, è responsabile il mondo economicamente sviluppato, responsabilità che la “Fortezza Europa”, negli anni dieci, non si e voluta prendere…
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