di Marco Marano
Decretato lo Stato d’eccezione dal presidente golpista, per militarizzare le favelas di Rio de Janeiro, ma il vero scopo sembra quello di aggirare la sconfitta parlamentare sulla nuova legge liberticida di riforma della previdenza pubblica.
Bologna – L’intervento militare in corso sulle favelas di Rio de Janeiro, attivato grazie allo Stato d’eccezione, decretato da parte del governo brasiliano, se ha ufficialmente lo scopo di combattere il crimine organizzato, nella realtà, oltre a mettere a ferro e fuoco interi territori, sembra un escamotage per gestire al meglio la controversa riforma previdenziale. Si, perché il voto parlamentare su un emendamento costituzionale è vietato nel momento in cui vi è un intervento federale in corso.
Ma qual è l’interesse del presidente Temer d’impedire il voto parlamentare su una riforma da lui stesso voluta? Semplicemente perché nella votazione parlamentare sarebbe sconfitto, dato che da parecchi mesi il popolo brasiliano scende in piazza contro questa riforma, tanto che pezzi importanti del parlamento si sono schierati contro.
Il parlamento più inquisito della storia
In tal contesto, occorre ricordare che i due terzi dell’intero apparato parlamentare è inquisito per vari crimini, primo dei quali è lo scandalo Lava Jato, cioè l’operazione di “autolavaggio” relativa al sistema di tangenti all’interno dell’azienda petrolifera statale Petrobras. Gli stessi parlamentari che hanno votato nel 2016 l’impeachment contro la presidentessa liberamente eletta Dilma Roussef, costruendo ad arte accuse infondate.
Il popolo sotto scacco
Attraverso questa forma di gestione del potere, si mette sotto scacco una fetta di popolo brasiliano, la parte meno abbiente, la maggioranza nel paese, che rappresenta il bancomat del sistema di interessi, cosa che ha una ricaduta su tutta la società. Perché proprio su quel coagulo di interessi si è sviluppato il golpe parlamentare, mediante il quale è stata defenestrata Dilma Rousseff.
La tradizione brasiliana: infierire sui poveri
Il tema di fondo rispetto a questa nuova offensiva contro i territori degradati riprende un Leitmotiv tradizionale nella storia del Brasile: militarizzare il territorio per non affrontare le cause strutturali che determinano il nascere ed il diffondersi della criminalità organizzata. Sia nel caso della riforma previdenziale che in quella della sua copertura con lo Stato d’eccezione, emerge una linea di congiunzione netta, cioè quella di pensare al popolo come un nemico. Tessitura di un modello di gestione del potere funzionale alla sopravvivenza di quello stesso potere. Tenere sotto scacco il popolo si traduce nella possibilità di soggiogarlo e scaricare sulle classi più deboli i costi sociali della tenuta del potere e degli interessi in gioco: dalle privatizzazioni in poi…
La terza fase del golpe istituzionale
Ma c’è un altro tema forte che s’intreccia dentro la tenuta del sistema di potere: la cooptazione di pezzi della magistratura. Grazie a questo meccanismo trasversale di gestione degli interessi oligarchici è stato imbastito il processo all’ex presidente Lula, coinvolto anch’esso ad arte nell’inchiesta Lava Jato. Condannato in appello a 12 anni di reclusione, senza nessuna accertamento dei fatti ma semplicemente sulla base di calunnie mai provate.
Quella contro Lula è la terza fase del golpe istituzionale, poiché in una tale condizione l’ex presidente non potrà candidarsi alle elezioni presidenziali che si terranno nell’autunno di quest’anno: secondo tutti i sondaggi la sua elezione sarebbe più che certa…