di Marco Marano
Saccheggi, violenze, vessazioni sono questi gli ingredienti usati dalle bande jihadiste, partners della Turchia, nel cantone di Afrin. Intanto Human Rigth Watch denuncia il governo di Ankara per le deportazioni dal confine della Turchia alla città siriana di Idlib. Ma il popolo curdo non si arrende è passa alla resistenza.
Bologna – Era da prevedere fin dall’inizio, quando cioè si è saputo che dentro questo fantomatico “Esercito Siriano libero” in realtà si nascondevano pezzi in fuga dell’Isis, e di al-Nusra, ex al-Qaeda. “Abbiamo prove incontrovertibili sul fatto che i militari turchi stiano utilizzando pericolosi militanti di Isis inquadrati nelle milizie che combattono contro di noi ad Afrin. Abbiamo mostrato ad alcuni tra i 5000 jihadisti chiusi nelle nostre carceri i filmati delle ultime battaglie e loro hanno riconosciuto con certezza almeno 27 loro compagni di Isis con le unità turche”. Parole rilasciate al Corriere della Sera da Aval Adnan, importante dirigente kurdo.
L’apocalisse jihadista di Afrin
Da una cronaca dell’agenzia di stampa AFP: “Le forze siriane sostenute dai turchi sono andate su tutte le furie domenica ad Afrin, saccheggiando negozi e case dopo aver preso il controllo della città settentrionale. Dopo aver inseguito combattenti curdi da Afrin, i combattenti pro-Ankara hanno fatto irruzione in negozi, ristoranti e case e se ne sono andati con generi alimentari, apparecchiature elettroniche, coperte e altri beni. Hanno messo il bottino in auto e piccoli camion e li hanno cacciati fuori dalla città”.
Così nel mentre che i residenti di Afrin venivano messi in condizione di scappare dalle proprie case e proprietà, queste venivano letteralmente prese d’assalto e trasformate in bottino di guerra. Persino le auto posteggiate si sono rubati… Poi hanno dato alle fiamme i negozi dove venivano vendute bevande alcoliche. In molti sono stati presi e arrestati. Ai più è stata data la possibilità di arruolarsi con i jihadisti contro il proprio stesso popolo.
Così le torture di stampo Isis hanno ripreso il loro corso, come il sacrilegio dei siti archeologici. Mentre le orde barbariche si sparpagliavano per la città, la statua dell’eroe kurdo Kawa veniva abbattuta. Nel frattempo messa fuori uso la diga che rifornisce di acqua l’area, la città, essendo isolata, non può beneficiare né di cibo né di medicinali, con gli ospedali completamente distrutti.
Più della metà dei 350mila abitanti si sono dati alla fuga. Molti si sono nascosti nel vicino cantone di al-Shabba, rifugiati nelle scuole, nelle moschee, e in ogni spazio abitabile: solo in questa area, dall’inizio della guerra, si sono ritrovati 300mila rifugiati.
Una nuova strategia militare: la guerra di guerriglia
Il Movimento kurdo per una società democratica TEV-DEM con una dichiarazione scritta riguardante l’invasione barbarica della Turchia, ha sottolineato che, costretti al ritiro militare, la strategia delle unità militari kurde adesso è quella della guerra di guerriglia. Del resto la resistenza è insita nel DNA del popolo kurdo, almeno da un secolo.
“La resistenza ha mostrato 58 giorni di ininterrotto sacrificio contro l’esercito turco e le loro bande jihadiste. È stata scritta un’epopea di sacrificio e valore di proporzioni storiche. La resistenza popolare ancora in movimento contro l’esercito invasore e i suoi strumenti programmati per l’annientamento ha insegnato una lezione ai nemici e alle forze oscure. Questa resistenza continua ancora… Il nostro popolo ha affermato che la sua volontà non potrà mai essere spezzata e non potrà essere mai distrutta da alcuna forza. Questa resistenza è stata la risposta più forte del nostro popolo al terrorismo e alle truppe dello stato turco…”
La Gomorra del confine turco-siriano
In un rapporto, appena pubblicato, di Human Rights Watch vengono denunciate le deportazioni di massa dei siriani che arrivano al confine turco verso la città siriana di Idlib, già dal dicembre dello scorso anno. Considerato i milioni di euro che l’Unione europea ha sborsato alla Turchia per accogliere i rifugiati siriani, impedendo che arrivino in Europa, la grande truffa del sultano Erdogan si sta realizzando appieno.
Gerry Simpson, direttore del programma per i diritti dei rifugiati presso Human Rights Watch:“Mentre le guardie di frontiera cercano di sigillare le ultime vie d’accesso rimaste ai confini della Turchia, centinaia di migliaia di siriani sono intrappolati nei campi per difendersi dalle bombe sul lato siriano”.
Leggiamo dal rapporto: Le guardie di frontiera turche hanno sparato a richiedenti asilo che cercavano di entrare in Turchia usando rotte di contrabbando, uccidendoli e ferendoli, e hanno deportato i siriani di Idlib appena arrivati nella città turca di Antakya, a 30 chilometri dal confine siriano. L’offensiva di dicembre dell’alleanza militare russo-siriana contro le forze anti-governative a Idlib ha soppiantato quasi 400.000 civili, secondo le Nazioni Unite. Si sono unita a oltre 1,3 milioni di persone intrappolate all’interno di Idlib in campi insicuri, sovraffollati, di fortuna, in campi vicino al confine turco chiuso, dove sono costantemente minacciati di essere attaccati. Mancano cibo, acqua pulita, riparo, assistenza sanitaria e aiuti.
Fonti: ANF, ANHA, Human Rigth Watch – Credits: LaPresse, Reuters, Ansa, ANF, ANHA