Rojava: rinascita dell’Isis, armi chimiche, e censura di Facebook

di Marco Marano

L’entrata in scena degli eserciti russo e siriano non hanno scoraggiato il “sultano” turco Erdogan che vuol far man bassa a tutti i costi del popolo curdo, nel frattempo le cellule dormienti dell’Isis si stanno per svegliare grazie ai bombardamenti turchi e si scopre l’uso di armi chimiche sui civili.

ll fumo sale su Ras al-Ain, visto dalla città di confine turca di Ceylanpinar _Murad Sezer _ReutersBologna, 17 ottobre 2019 – Al nono giorno di guerra in Rojava, l’offensiva turco-jihadista, trova le città di Manbij e di Kobane controllate dall’esercito del governo siriano, giunto in soccorso delle SDF a guida curda, mentre escono le immagini del campo di prigionia da cui sono fuggiti 750 jihadisti dell’Isis,  ma anche quelle dei bambini colpiti da bombe al fosforo. Infine, si scopre che Facebook in Italia sta eliminando le pagine dei portali di informazione dove compaiono le immagini o la sigla del PKK, l’organizzazione politico-militare curda, considerata terrorista dal “sultano” turco: per la prima volta un social media si schiera in una guerra di occupazione, a favore del “Golia di turno”

Si riaffaccia una nuova guerra per procura

20191016-20191016-158a6068-jpged6c17-image-jpge57300-imageDopo una settimana di guerra contro i popoli del Rojava, a guida curda, condotta dall’aviazione militare turca e dalle migliaia di mercenari jihadisti qaedisti e dell’Isis, sul territorio, si riaffacciano le dinamiche proprie alla guerra per procura. L’intervento dell’esercito siriano ha fatto si che le due principali  e strategiche città, Manbij e Kobane, siano ora controllate dal governo siriano. Il tema è che anche l’esercito russo è rientrato in campo, frapponendosi tra i jihadisti filo-turchi e l’esercito di Assad, per evitare che s’incontrino…

Il ritorno dell’Isis in campo

154913_151740_cd3414f2-aff7-4cf3-9430-82157315e0be7e1Ma le notizie che arrivano dal campo di battaglia, che hanno come protagonisti i jihadisti legati alla Turchia, raccontano delle solite e inaudite violenze, a cui siamo abituati, nei confronti dei civili. Una storia questa preventivabile poiché è lo stesso copione di ciò che è successo ad Afrin.

Come era preventivabile, la strategia di Erdogan di far rinascere l’Isis, liberando i prigionieri, con le loro famiglie, dai campi di detenzione nel nord della Siria, è già stata innescata. Il primo campo ad essere colpito domenica è stato Ain Issa, da cui sono già fuggite 750 persone, che adesso si pensa possano unirsi a quelle cellule in sonno sparse per la regione. L’agenzia di stampa curda ANHA è entrata ieri dentro il campo distrutto…  GUARDA IL VIDEO

Sono stati i mercenari jihadisti ad attaccare il campo dalla parte settentrionale, per liberare i loro “fratelli di morte”, dopo essersi scontrati con le SDF ed aver avuto la meglio. Adesso si attende l’attacco, presumibilmente aereo, del campo di al-Hol, dove sono rinchiusi circa ben 15 mila circa di prigionieri dell’Isis…

Che guerra sarebbe senza armi chimiche…

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Come in ogni guerra per procura che si rispetti iniziano ad uscire fuori le prime vittime, ovviamente bambini, colpiti da armi chimiche. Sembra che in questo caso si tratti di bombe al fosforo. La denuncia arriva dall’ospedale al-Hasakah. L’agenzia ANHA: “I quartieri della città di Serekaniye sono sottoposti ad attacchi aerei, di artiglieria e di razzi da parte dell’occupazione turca, oltre all’uso di fosforo,  proibito a livello internazionale”.

E’ questo l’unico modo per distruggere  la popolazione della città di Serekaniye, secondo i piani turco-jihadisti, sotto assedio dall’inizio della guerra, ma non ancora spodestata.

Facebook si schiera a favore dell’occupazione turco-jihadista

erdogan-fejsbuk-670x447Infine, dulcis in fundo, ci ritroviamo la notizia da brivido, riportata dal quotidiano “il manifesto” e rimbalzata sui social media: Facebook si schiera con il sultano Erdogan, censurando le pagine dei media on line che riportano logo e immagini del PKK, considerata organizzazione terroristica dal “sultano”.

“Innanzitutto Pkk. E poi: Pkk. E per concludere: Pkk. Ma cominciamo dal Pkk: è per i riferimenti a questo partito, fondato nel 1978 da Öcalan e suo fratello e considerato da Usa e Ue un’organizzazione «terroristica» (come ha ribadito ieri Trump a Mattarella) che Facebook ha bloccato decine di pagine (anche di testate registrate) che hanno pubblicato informazioni o solidarietà con i curdi. Altri rischiano la chiusura per «ripetute violazioni degli standard della community”.

FONTI: ANHA, ANF, Al Jazeera, il manifesto

Immagine in evidenza: ANHA

Credits: ANHA, il manifesto

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