Ex emiro rivela il supporto all’Isis da parte dei servizi turchi

di Marco Marano

Le rivelazioni di Ilyas Aydin fanno luce sul doppio o anche triplo ruolo giocato dalla Turchia di Erdogan durante la sua partnership con l’Isis nel conflitto siriano.

ANFBologna, 9 luglio 2019Si chiama Ilyas Aydin, nato e cresciuto ad Istanbul, è stato uno dei personaggi più influenti del mondo jihadista targato Isis, all’interno del quale entrò nell’estate del 2014, con il titolo di “Emiro ideologico della provincia di Damasco”, considerato che questa denominazione raccoglie l’intera Siria.

Fuggito dalle file del sedicente Stato islamico nel dicembre del 2017, nel momento in cui l’organizzazione iniziava a perdere terreno, anche grazie agli scontri interni, è stato catturato dalle SDF curde il 30 dicembre del 2018, mentre si accingeva ad attraversare il confine turco.

Adesso, ha iniziato a raccontare i retroscena, sulle modalità di organizzazione delle reti jihadiste ad Istanbul, sotto il beneplacido del partito di maggioranza del sultano Erdogan, ma soprattutto con il supporto MIT, il potente servizio d’intelligence turco, che lo ha seguito e monitorato per anni, cercando di orientarlo verso interessi comuni…

Dapprima era solo una rete religiosa

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La vicenda di questa sorta di “gola profonda jihadista” inizia nel 2014, quando ad Istanbul, diventava riferimento di tutta una serie di piccoli organismi islamici, non ancora unitisi all’Isis. Il suo gruppo originario era conosciuto con il nome di Ebu Ubeyde, stanziale in un distretto di Istanbul: Eyup. All’inizio la loro attività era esclusivamente a carattere 

religioso: “Abbiamo anche aperto un masjid a Sirinevler, coma tanti altri in varie parti”. Il masjid è un piccolo spazio che dà la possibilità ai fedeli musulmani di poter assolvere alle ṣalāt , cioè le cinque preghiere canoniche da svolgere quotidianamente.

Questo perché non accettavano i criteri imposti dallo stato turco, considerati “qafir”, cioè irrispettosi della religione islamica: “Non siamo andati in moschea perché crediamo che gli imam  siano qafir. Tutti gli imam che lavorano sotto la direzione degli affari religiosi turchi devono giurare che si atterranno ai principi e alle rivoluzioni di Ataturk (…) Ecco perché non abbiamo pregato dietro le loro moschee. Abbiamo avuto le nostre masjid”.

La svolta della preghiera di massa

AFP 2Durante il 2014, quando a causa del frazionamento dei gruppi ex al Qaeda, come Jabhat al-Nusra e Ahrar ul-Sham, questi hanno cominciato a guerreggiare proprio contro l’Isis, per la supremazia sul territorio. A tal punto, molte famiglie di affiliati all’Isis, hanno varcato il confine turco andando a riparare ad Istanbul, e per non incorrere in ritorsioni, si facevano identificare con le bandiere di al-Nusra.

Intanto, il lavoro di Aydin ad Istanbul aveva dato dei frutti, poiché egli si muoveva per unire, all’interno di una unica rete, tutti i gruppuscoli  jihadisti presenti nella megalopoli mediorientale: “Quando abbiamo riscontrato la stessa ideologia in altri gruppi, abbiamo deciso di costruire un movimento che appartenesse alla Turchia“.

Fu così che venne innescato il meccanismo di svolta, quando cioè 11 gruppi, piccoli e grandi, si unirono, il 29 luglio 2014, in un vero e proprio evento di massa: la preghiera Eid. Fu quella infatti l’occasione che fece decidere agli imam di aderire all’Isis, per andare a combattere in Siria.

L’AKP propone un progetto comune

ReutersSempre agli inizi del 2014 le autorità turche prendevano contatti con questa rete di gruppuscoli jihadisti non ancora schierati con l’Isis. Il primo aggancio è del partito di maggioranza del governo Erdogan: l’AKP.

I suoi vertici avevano bisogno del loro supporto per colpire i seguaci di Fethullah Gulen con una tipica manipolazione erdoganiana: “All’epoca tutti i nostri amici che erano sotto processo per terrorismo hanno ricevuto lettere nelle loro case, qualcosa del tipo ‘Il tuo telefono era illegalmente sotto controllo, se vuoi puoi denunciarlo, vogliamo processare i responsabili’. Ne ho ricevuta anch’io una. Migliaia di persone l’hanno ricevuta. Penso che fosse all’inizio del 2014, al momento in cui la purga era appena iniziata. Gulen aveva ancora uomini nello Stato e nei servizi di intelligence. L’AKP voleva che facessimo pressioni contro gli uomini del movimento di Fethullah Gulen, ma non abbiamo firmato nessuna denuncia”.

I servizi turchi a supporto della rete jihadista

Ebu Muhammed Adnani AFPDopo la preghiera di Eid, Aydin diventava il vero trait d’union tra jiadismo sciolto, Isis e servizi turchi. Infatti, l’adesione allo Stato islamico avveniva dopo che l’uomo incontrava, con alcuni suoi fedeli, il portavoce dell’Isis in Siria, Ebu Muhammed Adnani.

Con lui concordava, nella massima segretezza, l’adesione di centinaia di persone aderenti alla rete di Istanbul. Nemmeno i suoi uomini sapevano chi avrebbe incontrato in Siria. Il fatto strano avveniva al suo rientro in Turchia, poiché tutti i seguaci della rete sapevano di questo incontro al vertice. I servizi turchi avevano sparso la voce: “I servizi segreti ci hanno seguito da Istanbul a Gaziantep. Ci hanno seguito quando siamo entrati in Siria e quando siamo tornati, fino al centro di Antep, da cui siamo giunti in aereo ad Istanbul…”

 

FONTE: ANF

Immagine in evidenza: AFP

Credit: ANF, Marco Marano, AFP, Reuters, AFP

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