Due popoli turchi dopo il golpe pilotato

di Marco Marano

Le modalità con cui è stato condotto il fallito golpe in Turchia del 15 luglio rappresentano la prova stessa che è stata una operazione pilotata, attraverso cui gli ufficiali golpisti in comando sono caduti in una trappola ben congegnata, in perfetto stile MİT, l’intelligence turca.

Bologna – Sgombriamo subito il campo dalle ambiguità del caso: è nostra convinzione che il tentativo di golpe attuato venerdì 15 luglio in Turchia sia stato pilotato dagli uomini dei servizi segreti del MIT. Le prove di questa operazione di intelligence difficilmente salteranno mai fuori. L’unica possibilità forse saranno i 100mila documenti che WikiLeaks ha annunciato di pubblicare presto sul sistema di potere turco. Esistono però un insieme di notizie fatte filtrare da fonti più o meno attendibili che fanno da sponda a fatti incontrovertibili, che hanno un peso enorme, poiché se messi in fila uno ad uno non possono che essere indizi in un processo di interpretazione induttiva. Come si dice tre indizi sono una prova, e qui ne abbiamo decine.

Sullo sfondo vi stanno i soggetti di questa storia: un presidente, un apparto pubblico e un popolo. Il primo, Recep Tayyip Erdoğan, al potere da un ventennio, di fede musulmana sunnita, vicino ai Fratelli musulmani, si è reso protagonista di un accentramento del potere che lo ha trasformato in breve tempo in un autocrate. Un accentramento costruito su due fatti: da un lato il suo arricchimento personale e familiare, attraverso varie azioni illecite, tra speculazioni edilizie e vendita di petrolio di contrabbando, con inchieste ancora aperte. Dall’altro, le vicende legate alla vendita di petrolio fatto arrivare tramite gli accordi con l’Isis, di cui il collettore era proprio il figlio del presidente, erano gestite dal MIT, come il traffico di armi e il passaggio dei foreign fighters, attraverso quelle che sono state chiamate “le autostrade della jihad”, tra Istanbul ed il confine siriano.

L’accentramento del potere, costruito sul ruolo del partito di Erdogan, l’AKP, diventato partito-stato, ha avuto possibilità di svilupparsi grazie ad uno strano mix di politiche neo-liberiste e islamizzazione forzata di un paese che storicamente si è contraddistinto per sintetizzare al suo interno la tradizione musulmana ottomana con il laicismo  kemalista del fondatore dello Stato Mustafa Kemal Atatürk. I fatti ci dicono che in Turchia, al di là delle correnti islamiche o nazionaliste organizzate, più o meno oltranziste, al di là dei colpi di stato del passato, l’anima musulmana del paese ha convissuto per un secolo con quella laica e questo sia all’interno degli apparati dello Stato, cioè burocrazia, sistema giudiziario, apparato militare, che nella società, con i partiti espressione delle due differenti visioni, ma soprattutto con un popolo diviso a metà, che in qualche modo nei decenni si è rispettato.

ataturk Getty Images

L’icona del fondatore dello stato turco, il laico Atatürk, che campeggia dappertutto nelle città turche, è stata l’espressione di questa sintesi. Icona che si è frantumata proprio la sera del golpe pilotato, quando cioè nelle strade di Istanbul e Ankara non è sceso il popolo in quanto tale ma la sua componente musulmana, il resto si è rintanata in casa ad attendere gli eventi. Quest’ultimo è il fatto centrale di questa storia poiché la componente musulmana è diventata il popolo in quanto tale, che legittima il potere del presidente autocrate, da più parti ormai chiamato con la denominazione di sultano. Un processo di trasformazione antropologica che non poteva che essere attivato attraverso un evento straordinario di violenza di massa come un golpe non riuscito…

L’islamizzazione forzata dal sultano ha prodotto però in pochissimi anni uno scontro istituzionale che ha riguardato prima che le gerarchie dell’apparato militare o di polizia soprattutto il sistema giudiziario, anch’esso spezzato in due tronconi: quello legato all’AKP e quello diciamo così indipendente. Fu proprio il pezzo di magistratura indipendente a fermare la speculazione edilizia sul Gezy Park, che nei piani del sultano doveva far posto ad una moschea, un centro commerciale ed una caserma ottomana, e che portò migliaia di giovani laici a protestare.

Turkey Military CoupLa prima fase dell’accentramento del potere ha riguardato l’annullamento della libertà di stampa, attraverso la chiusura dei giornali e l’arresto indiscriminato dei giornalisti sganciati dal partito-stato, cosa abbastanza semplice da effettuare in quanto corpi estranei al sistema di potere. Più difficile la possibilità di cambiare la Costituzione in senso presidenziale, cosa non riuscita al sultano proprio a causa dei centri di potere istituzionale a lui avversi.

E qui entriamo nel vivo della questione, poiché questa sorta di scontro istituzionale con l’apparato militare stava per arrivare al punto di svolta o quanto meno la resa dei conti con i militari non fedeli alla linea diventava il possibile viatico per una epurazione totale del sistema pubblico. Ecco che colonnelli e generali venivano avvisati pubblicamente che in agosto ci sarebbe stato un complessivo riordino delle gerarchie. Quei colonnelli e generali avversari del sultano avrebbero perso posizionamento, potere e privilegi garantiti per decenni in quanto alti esponenti di un apparato militare che tradizionalmente in Turchia ha sempre avuto una certa autonomia dal potere politico.

Ecco che l’epurazione di questi centri di potere per essere possibile aveva bisogno di una situazione assolutamente straordinaria, insieme appunto alla trasformazione antropologica di un pezzo di popolo, quello musulmano, nel popolo turco in quanto tale…

Turkey Military Coup

L’unica possibilità insomma per far sopravvivere il potere  dei militari da estromettere non poteva che essere un golpe… Come diceva un membro dello staff di Nixon protagonista dello scandalo Watergate: “se li tieni per le palle il cuore e la mente seguiranno…”

La particolarità di questi golpisti è che volevano farlo passare per un atto compiuto in nome del laicismo, della democrazia e dei diritti civili non rispettati… Dei militari che compiono un colpo di stato per far rispettare la democrazia? Non è forse questo un ossimoro? E poi la Turchia è un paese Nato, dove vi è una delle basi americane  più importanti nel quadro dei conflitti mediorientali: Incirlik. Qui solo ad operazioni avviate è stata staccata la corrente, non dai golpisti ma dalle autorità fedeli al sultano. Quindi è presumibile che gli Stati Uniti, che hanno il controllo aereo in Turchia, non sapessero cosa stesse succedendo? E le tardive dichiarazioni della Casa Bianca di “appoggio al governo liberamente eletto” potrebbero avere una rispondenza con i proclami dei golpisti che inneggiano alla democrazia?

Ma in quel 15 luglio le anomalie organizzative si sono susseguite come in un copione già scritto, per un colpo di stato tecnicamente improbabile, se si pensa che persino il progetto del golpe Borghese in Italia fu meglio concepito, il che è tutto dire… Da dove è nata la convinzione da parte di militari con una assodata esperienza e non certo sprovveduti che un golpe con un piccolo pezzo di uno degli eserciti più potenti al mondo potesse riuscire? E se a questo aggiungiamo che i soldati semplici erano ragazzi di leva che non avevano idea di cosa stessero facendo se non una esercitazione, la sicurezza di poter riuscire nell’impresa da dove nasceva?

E’ stata ripetuta da tanti l’assurda stranezza di un golpe effettuato alle 22 e non in piena notte. Sono filtrate indiscrezioni sul fatto che le operazioni erano state effettivamente puntate prima dell’alba, ma qualcuno sembra avere avvisato i promotori che il colpo di stato doveva essere anticipato. Da chi? E perché? Come è possibile la riuscita di una presa del potere violenta se non saboti nell’ordine: linee telefoniche, internet, corrente elettrica? Com’è possibile che militari di lungo corso possano pensare di compiere un colpo di stato senza pianificare perfettamente le due operazioni fondamentali, cioè accerchiare e arrestare il presidente in carica e i membri del governo? Sono invece arrivati in ritardo nell’albergo di Marmaris dove Erdoğan era in vacanza, poiché era già partito… E comunque quando sono arrivati hanno fatto esplodere qualche ordigno senza pensare di accerchiare l’abitato… E che dire della dislocazione dei carri armati a Istanbul disposti non in luoghi nevralgici della città?

Arrestati Turchia

Così, il sultano, prima che succedesse era già a conoscenza di quello che stava accadendo. Con una tempistica straordinaria prende un aereo prima che i golpisti arrivassero ad arrestarlo, si mette in contatto con la CNN turca e tramite un cellulare fa il discorso alla nazione chiamando alla mobilitazione il popolo turco…

Una volta rientrato il pericolo, nel giro di 48 ore sono state arrestate quasi diecimila persone, tra militari, poliziotti, magistrati e funzionari pubblici. Ma come si fa a realizzare una mega retata di queste proporzioni in questo breve tempo senza una pianificazione a monte di giorni, sia nella compilazione delle liste di proscrizione che per ciò che concerne mezzi e uomini da impiegare e logistica? Evidentemente era tutto pronto… Ma al di là di questo cosa c’entrano magistrati e impiegati pubblici in un tentato golpe? La motivazione è stata che sono tutti uomini seguaci di Fethullah Gülen, il ricchissimo ex imam ed acerrimo oppositore del sultano, rifugiato negli Stati Uniti, che Erdoğan ha accusato, chiedendone l’estradizione, di essere l’ispiratore e l’organizzatore del tentato golpe…

Le ultime notizie ed immagini sono raccapriccianti: soldati arrestati, denudati, sdraiati e linciati come animali, in perfetto stile da campo di concentramento nazista, il sindaco di una cittadina giustiziato, arresti sommari casa per casa ed il popolo musulmano che nelle piazze chiede la condanna a morte… Di quale colpo di stato stiamo parlando?

Credits Getty Images/AFP, AP, ANSA

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