di Marco Marano
Dopo la guerra di posizione che ha permesso la liberazione dall’Isis, le unità combattenti kurde si sono ridefinite in gruppi guerriglieri, a causa dell’occupazione turca del Rojava, alla cui testa vi è la sigla YJA: Unità femminili libere.
Bologna, 27 maggio 2020 – L’epilogo della guerra di Erdogan al popolo kurdo in Rojava, per il dominio sulla Siria del Nord, dopo il laissez passer statunitense, ha visto al centro dello scenario il ruolo della Russia, che sembra aver assunto una vera e propria supremazia nell’area, dopo l’incontro tra intelligence siriana e quella turca, organizzato ad inizio anno a Mosca. Ma la determinazione del popolo kurdo è secolare, per cui dalla guerra di posizione delle SDF, dopo la sconfitta dell’Isis, le unità di combattimento kurde si sono ridefinite, passando alla guerra di guerriglia, la cui leadership è stata consegnata alle donne delle Unità femminili libere (YJA).
Le donne leader della guerra di guerriglia
E’ dall’analisi bellica di Abdullah Öcalan che si è giunti, in seno al popolo kurdo, alla conclusione che le forme di comando maschile possono essere efficacemente superate.
Jiyanda Laşer e Guerrilla Eylem Dilxwaz sono due comandanti guerrigliere delle YJA, incontrate dal portale di notizie ANF News.
Guerrilla Eylem Dilxwaz: “Ora che il nemico attacca brutalmente con tutta la sua tecnica, occorre sviluppare tattiche contro di essa. Per noi, le tattiche sono importanti come l’acqua ed il pane quotidiano. La guerriglia non può usare le stesse tattiche utilizzate, per esempio, quando guadagniamo posizioni. La vita ed il pensiero della guerriglia sono necessariamente caratterizzati dalla flessibilità. Lo sviluppo della tattica è sempre importante, cambia con le condizioni, la posizione, il terreno e la fase. Bisogna adattarsi alle condizioni “.
E’ per questo che, soprattutto in relazione alla guerra di guerriglia, è possibile parlare di una maggiore efficacia delle donne nell’applicazione delle tattiche militari. Su questa vera e propria filosofia di vita il Rojava ha costruito l’intero sistema comunitario.
Jiyanda Laşer: “Una campagna di guerriglia femminile è dieci volte più difficile per il nemico. Non riesce a capire come le donne possano sviluppare tali tattiche, né può sopportare che una donna sia in realtà un leader della guerra. “
Continua Dilxwaz : “Il nemico fa tanta propaganda sulle sue tecniche di guerra, ma i guerriglieri si muovono in piccoli gruppi, cambiando continuamente modalità, per evitare facilmente gli attacchi del nemico. L’uomo sviluppa tecnologia e l’uomo può sfruttarla. La vita e l’esperienza di combattimento del PKK lo ha dimostrato. Sappiamo perché e per cosa stiamo combattendo…”
“Area Putin-Erdogan”: i dati dell’occupazione
I dati dell’ Osservatorio siriano per i diritti umani, ci riportano la dimensione dell’occupazione turca in Rojava. Nel periodo compreso tra febbraio e maggio di quest’anno 10.400 soldati turchi sono di stanza a Idlib e Aleppo. E’ stata ribattezzata in Area “Putin-Erdogan”. Nella zona di “de-escalation”, le unità militari, con centinaia di soldati, sono salite a 3.435. Intanto le colonne militari turche sono in continuo movimento attraverso Kafr Lusin. Sono stati monitorati dalla Ong, con sede a Londra, sempre nel periodo febbraio-maggio, come segnalato da ANF News, “6.845 camion e veicoli militari nel territorio siriano, tra cui carri armati, mezzi di trasporto del personale, veicoli blindati, mezzi corazzati e radar militari”.
Afrin isolata
Afrin continua ad essere sotto il giogo turco-jihadista. Una città rimasta isolata da cui le stesse informazioni sono difficile da far passare. Sembra che lunedì scorso ci siano state due esplosioni consecutive che hanno fatto pensare ad un qualche forma di azione da parte della resistenza kurda. La prima deflagrazione è avvenuta vicino ad un checkpoint di jihadisti nei panni di un gruppo di “polizia militare”. La seconda esplosione è avvenuta sulla strada tra Afrin e Azaz: una motocicletta è stata fatta saltare in aria. E’ chiaro che l’occupazione nel cantone di Afrin, avviata nel marzo del 2018, ha prodotto l’annientamento della comunità kurda, e i risultati della resistenza sono flebili.
Kobane attaccata da vicino
Se Afrin è capitolata Kobane è saldamente in mano al popolo kurdo. Gli attacchi della Turchia sono però continui: partono direttamente dalla vicina Jarabulus. E’ lì infatti che l’esercito turco ha insediato una sorta di quartier generale. Ma quello che è successo il 16 maggio ha qualcosa di inquietante per la cittadinanza, questo perché i missili turchi hanno distrutto 80 ettari di grano e orzo, coinvolgendo nel disastro numerosi villaggi. L’area più colpita è stata quella di Zor Megar, nella zona ovest del cantone, e poi il villaggio di Sheikh. I vigili del fuoco non hanno potuto fare altro che cercare di contenere il disastro, per quanto possibile. Ma questo non è l’unico incendio quest’anno dei terreni agricoli, un altro è stato registrato la settimana precedente nel villaggio orientale di Sarzuri. Evidentemente questa sembra la strategia turca per mettere in ginocchio gli abitanti del cantone.
Le azioni di guerriglia
Si chiama “Martyr Bager e Martyr Ronya” la campagna guerrigliera portata avanti dalle Forze di difesa popolare (HDP) e dalle Unità femminili libere (YJA). La dettagliata diffusione delle informazioni sulle azioni, prevalentemente di sabotaggio delle posizioni turche, proviene dall’ufficio stampa HPG.
L’area che è diventata strategica per i combattimenti della guerriglia è proprio il cosiddetto Kurdistan settentrionale o Kurdistan iracheno. Il 22 maggio nella regione di Avashin, in seguito ad un’azione HDP sono stati uccisi due soldati turchi. Lo stesso giorno le guerrigliere YJA hanno colpito i militari turchi a Hill Lelikan nella regione di Xakurke: 4 soldati uccisi e le posizioni fatte saltare. Il 23 maggio invece i guerriglieri hanno colpito in una collina di Hakkari, distretto di Çele, facendo saltare le posizioni dell’esercito turco, con parecchi morti e feriti, che non sono stati conteggiati.
Kurdi contro kurdi
Zînê Wertê è un piccolo avamposto di montagna nel Kurdistan iracheno. Da più di un mese è diventato però l’incubatore turco per innescare una guerra civile tra kurdi. Questo perché il servizio segreto turco MIT ha creato una partnership con il KDP, cioè il Partito Democratico del Kurdistan, a lungo guidato dall’ex Presidente del Kurdistan iracheno Mas’ud Barzani. Una partnership che si è consolidata attraverso l’invio di truppe nell’area al fine di neutralizzare la guerriglia.
Questo nel contesto di un’area, quella del Kurdistan iracheno, sempre più controllata dalla Turchia. Sono stati nominati da Ankara “amministratori fiduciari”, perseguitati i politici kurdi, arrestati tanti attivisti. E poi ci sono le azioni violente: dalle bombe che cadono a pioggia alla distruzione dei cimiteri, passando per la mutilazione dei cadaveri.
In sostanza il KDP sta cercando di costruire, prima di ogni cosa, un sistema spionistico, attraverso flussi di informazioni sui movimenti dei guerriglieri. Controllano e osservano i loro avamposti per impedirgli di muoversi nell’area. Queste informazioni, vengono poi consegnate al MIT. La cosa sconcertante è che questa non è affatto una operazione segreta, poiché sono stati girati video, da parte della resistenza kurda, dove Unità del KDP si trovavano nei veicoli del MIT a Zînê Wertê.
Se i guerriglieri sono obbligati a spostarsi fuori dagli insediamenti urbani, questo si traduce nel tracciare percorsi pericolosi, che in alcuni momenti diventano delle rotte di accasso. Il KDP, con degli scavatori, distrugge queste rotte, scavando fossati a distanza di 500 metri gli uni dagli altri…
Se non fosse per la mobilitazione popolare tra cittadini e organismi politici, la guerra civile, fomentata da Ankara, sarebbe già stata innescata. In tutte le aree della diaspora kurda ci sono reazioni contro l’occupazione e il piano turco.
L’Unione delle Comunità del Kurdistan, a metà aprile, rilasciava un comunicato ufficiale, nel quale si richiamava all’unità del popolo del Kurdistan iracheno, spronandolo a vigilare contro gli sviluppi di questo accordo per volontà turca: “Al fine di prevenire un’ulteriore escalation, è necessario esercitare pressioni sulle parti e impedire allo stato turco, che è il promotore di questo piano, di incitare nuovamente i kurdi l’uno contro l’altro”.
FONTI: ANF News, ANHA News, Gerîla TV
Immagine in evidenza: ANF News
Credits: ANF News, ANHA News