di Marco Marano
Può essere considerato un golpe interno alla Turchia quello messo in atto dal sultano Erdogan: sospesi i sindaci di tre città del sud-est e imprigionati centinaia di attivisti, con la solita accusa generica di essere vicini al PKK, considerata una organizzazione “terroristica”, mentre tacciono i difensori occidentali della democrazia …
Bologna, 20 agosto 2019 – E’ partito il nuovo attacco ai rappresentanti istituzionali del Partito democratico del popolo (HDP). Espressione della comunità kurda, che ha i suoi insediamenti nella Turchia del sud-est, proprio al confine con la Siria del Nord, dove all’indomani della guerra civile nasceva l’esperienza di federazione democratica dal basso chiamata Rojava, anch’essa sotto attacco in questi giorni dall’esercito turco.
False accuse per legittimare l’arbitrio
Lunedì, operazioni di polizia congiunte, hanno messo fine alla brevissima esperienza amministrativa dei sindaci di tre importanti città: Adnan Selçuk Mızraklı, sindaco di Diyarbakir, Ahmet Turk, primo cittadino di Mardin, e Bedia Ozgokce Ertan, sindaca di Van. Nel frattempo, le forze di polizia turca, operavano raid in 29 provincie, arrestando 418 cittadini e attivisti, con l’accusa di terrorismo.
Alle elezioni di marzo, i tre sindaci, erano stati eletti a furor di popolo, rispettivamente con il 63 per cento dei voti, il 56 percento e il 54 percento. Elezioni che avevano riparato, almeno su Diyarbakir, alla sospensione del predente sindaco con la stessa scusa, all’indomani del falso golpe. Al loro posto sono stati nominati ad interim i governatori provinciali.
L’accusa, dicevamo, è la solita utilizzata dal dittatore turco, che laddove perde le elezioni sospende gli eletti con false incriminazioni, che neanche è in grado di provare, come è successo ad Istanbul, dove le elezioni si sono ripetute e l’avversario del sultano, Ekrem Imamoglu del partito popolare repubblicano (CHP), principale forza di opposizione, ha vinto con un margine ancora maggiore. La sua dichiarazione a tal proposito è stata lapidaria: “Ignorare la volontà della gente è inaccettabile“.
Il “popolo terrorista” a cui viene negata rappresentanza
I tre sindaci kurdi, come del resto tutto il partito democratico del popolo, sono accusati di essere vicini al PKK, l’organizzazione combattente in Siria contro l’Isis, il cui capo è il prigioniero Abdullah Öcalan, rinchiuso nelle galere turche.
Non solo, ma oltre a questa, che è il motivo classico su cui strutturare l’arbitrio, è stata inventata l’accusa di aver stornato fondi pubblici per finanziare il PKK… Certo, in fatto di fondi neri Erdogan è molto preparato, dato il saccheggio fatto da lui e la sua famiglia, a Istanbul, con gli scandali edilizi, tutti coperti, tra cui quel famoso ipermercato che scatenò le proteste del Gezy Park.
Se il sultano aveva annunciato subito dopo le elezioni che avrebbe sospeso i sindaci del HDP, per la loro precedente attività parlamentare, e considerato che i principali leader, tra cui Selahattin Demirtaş, sono tutti in galera, dal 2016, con la stessa falsa accusa, è gioco forza che il partito democratico del popolo viene messo fuori dal sistema politico turco. Un arbitrio che si fonda sull’equazione popolo kurdo = popolo terrorista, la stessa invocata dallo Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese.
Le proteste per le strade kurde
Nel comune kurdo di Amed, questa mattina, si è svolta una manifestazione di protesta del partito democratico del popolo. In realtà era stata convocata una conferenza stampa per denunciare questo vile attentato alla democrazia, ma ovviamente le forze dell’ordine turche hanno impedito che ciò accadesse, accerchiando con centinaia di uomini in tenuta antisommossa e mezzi pesanti, il municipio della città.
Così si è formato naturalmente un corteo per la città. Durante questa sfilata la polizia ha attaccato i manifestanti, provocando vari feriti, tra cui un deputato. Alla fine. il co-presidente del partito Sezai Temelli è riuscito a fare un discorso: “Alza la voce ovunque, porta la vita a un punto morto. La nostra è una lotta per la legge e la giustizia. Reclama la tua volontà e il tuo futuro…”
Tacciono i difensori della democrazia
Dall’Unione europea, l’unica voce che si alza per stigmatizzare l’accaduto e stata quella di Anders Knape, presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa: “Esprimo la mia grave preoccupazione per la decisione delle autorità turche di sospendere i sindaci eletti di tre città metropolitane nel sud-est del paese (…) Questi sindaci sono stati eletti a seguito della libera ed equa espressione della volontà del popolo turco durante le elezioni locali tenutesi il 31 marzo 2019, osservate dal Congresso. In passato, il Congresso ha espresso preoccupazione per l’uso eccessivo di procedimenti giudiziari contro rappresentanti eletti locali in Turchia e la loro sostituzione con funzionari nominati. Questa pratica mina seriamente il corretto funzionamento della democrazia locale…”
Per il resto nessuna levata di scudi delle potenze occidentali contro la democrazia offesa, come solitamente avviene quando perdono il controllo di paesi a forte concentrazione di risorse naturali, vedi il Venezuela…
FONTI: Al Jazeera, ANF, ANF
Immagine in evidenza: ANF
Credits: Reuters, ANF