Quella ragazzina palestinese, ‘pericolosa sovversiva’

di Marco Marano

L’arresto della sedicenne palestinese Ahed Tamimi, per aver preso a schiaffi e calci due soldati israeliani, avviene durante un’incursione notturna, dopo aver brutalizzato la famiglia. La madre verrà imprigionata il giorno dopo.

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Bologna, 20 dicembre 2017Ahed era passata agli onori della cronaca internazionale nel settembre 2015, poiché insieme ai suoi familiari e ad altri dimostranti, del villaggio di Nabi Saleh, nei pressi di Ramallah, era riuscita a liberare il fratello, ferito, dalla presa di un soldato israeliano. Qualche giorno fa ha schiaffeggiato e sferrato un calcio a due soldati entrati nel suo villaggio. Nella notte di lunedì  un commando dell’esercito israeliano, in assetto antisommossa irrompeva nella casa della famiglia Tamimi: arrestata la ragazza, hanno poi saccheggiando le proprietà della famiglia tra cui cellulari e computer.

Arrestatele tutte a vita

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Erano le tre del mattino di lunedì quando una trentina di soldati dell’esercito israeliano sono entrati in casa della famiglia Tamini. Hanno neutralizzato Bassem, il padre di Ahed e si sono indirizzati subito alla ricerca della ragazzina. La mamma Nariman cercava di frapporsi tra gli aguzzini e la figlia ma è stata gettata a terra. Poi Ahed veniva ammanettata, senza nessuna spiegazione ovviamente, e fatta salire su di una jeep. Ai genitori veniva impedito di poterla seguire. Nel frattempo la casa era messa sottosopra: i soldati saccheggiavano l’abitazione di cellulari, computer e videocamere, cioè gli strumenti che la ragazza utilizzava solitamente per denunciare le violenze dell’esercito ogni qual volta entrava nel villaggio. Portata in una stazione di polizia nel vicino villaggio di Jabaa, non era chiara la formulazione dell’accusa. La madre, si presentava per assistere all’interrogatorio, poiché la stessa legge israeliana impone la presenza di un genitore, nel momento in cui un minore viene interrogato: anch’essa arrestata. Ma le leggi israeliane si sa sono un optional quando si tratta di palestinesi…

 

IL VIDEO DELL’ARRESTO

 

AFP-VA7EO_3Da quello che si evince, le motivazioni dell’arresto sono state segnalate da un susseguirsi di dichiarazioni raccapriccianti da parte delle autorità israeliane. Come quella del ministro dell’educazione israeliano, il quale dichiarava alla radio dell’esercito che Ahed avrebbe dovuto finire i suoi giorni in prigione, insieme alle altre donne che venerdì avevano affrontato due soldati israeliani e nell’occasione la giovane li aveva presi a schiaffi e a calci. Il video, che le stesse donne palestinesi avevano pubblicato sul web, è stato quindi il documento attraverso cui si è poi spiegato l’arresto.

Le dichiarazioni del ministro poi sono state seguite dalle affermazioni di tanti cittadini israeliani, che a gran voce hanno chiesto la detenzione della ragazza… Ma dato che una tale motivazione era formalmente troppo debole, il portavoce dell’esercito ha fatto in seguito delle aggiunte, affermando che la ragazza aveva quel giorno partecipato ad una “rivolta violenta” insieme a centinaia di palestinesi che hanno lanciato pietre contro le forze dell’ordine israeliane.

 

LA RAGAZZA PRENDE A SCHIAFFI I DUE SOLDATI

 

Un’attivista coraggiosa, un simbolo da abbattere

ahed-tamimiIl coraggio di Ahed era stato riconosciuto in Turchia, quando aveva appena 13 anni, con il premio Handala Courage, grazie ad un video che riprendeva la ragazza, nel 2015, insieme alla mamma e alla zia, nell’intento, riuscito, di liberare il fratello di 11 anni Mohammad, dalle mani di un soldato israeliano che lo stata torturando. Da allora altre volte la ragazzina affrontava da sola, sempre ripresa da una videocamera, i soldati israeliani, nelle loro incursioni dentro il villaggio. Per questo agli occhi degli israeliani era diventata un “pericolosa sovversiva” e quindi una sorta di simbolo da abbattere…

 

LA LIBERAZIONE DEL CUGINO

 

La strategia di annientamento del popolo palestinese

NSFri1Quello che colpisce della brutale occupazione israeliana in Cisgiordania, che poi è la chiave di lettura di tutto il conflitto tra Israele e Palestina, sta nel fatto che la strategia dello Stato ebraico, come della intera società israelitica, si condensa, prima che in azioni belliche, nell’annientamento e annichilimento del concetto di cittadinanza del popolo palestinese, mediante la violenza dell’occupazione. E non solo nella limitazione della libertà ma soprattutto nella possibilità, da parte di uno degli eserciti più potenti del mondo, di gestire le proteste della cittadinanza, armati di pietre, come se questi cittadini fossero soldati ben armati di un pericolosissimo esercito.

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Così vengono legittimate le violenze e le torture verso i bambini. L’orribile vicenda del sedicenne di Hebron, Fawzi al-Junaidi, brutalizzato la settimana scorsa da 23 soldati israeliani, immortalati nella foto di di Wisam Hashlamoun, è una rappresentazione drammatica di questa logica. Oppure il fatto che rientri nella normalità sparare alla testa di un disabile senza gambe in sedia a rotelle che porta una bandiera palestinese, come è successo venerdì scorso a Gaza al povero Ibrahim Abu Thuraya, trasforma il conflitto in una guerra non tra eserciti ma al popolo in quanto tale.

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E gli organi internazionali, come i paesi cosiddetti democratici, ma anche le stesse comunità ebraiche radicate nei paesi europei, che protestano contro le ingiurie dei fascismi contemporanei, nulla dicono di questa efferatezza che lede palesemente e senza vergogna i più basilari diritti umani.

Come gli agenti dei servizi hanno licenza di uccidere, lo Stato ebraico, agli occhi del mondo, ha licenza di ledere i diritti umani: strana alchimia geopolitica

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