Torturare i bambini si può: è la legge di Israele

di Marco Marano

Da un reportage di Al-Jazeera si sono appresi i particolari della brutale aggressione di 23 soldati israeliani nei confronti di un minore di 16 anni, immortalato in una foto che ha fatto il giro del mondo.

Bologna, 15 dicembre 2017 – Quella mattina del 7 dicembre Fawzi al-Junaidi, aveva tanto da fare. Già da un po’ di tempo si occupa di accudire i genitori, visto che il padre è senza una gamba e la madre sta per morire a causa di una malattia terminale. Un destino infame per un ragazzo di 16 anni. Ma ancora più infame è la sua condizione di adolescente che vive in un inferno chiamato Hebron.

La violenza sui minori dei soldati israeliani

Fawzi al-Junaidi has been accused of throwing stones and will face formal charges in front of an Israeli military court on Wednesday _Wisam Hashlamoun_Anadolu Agency_Getty Images]

Lì, come in tutta la Cisgiordania, i bambini, i ragazzini, vengono trattati dalle forze di occupazione israeliane con la stessa violenza con cui vengono maltrattati gli adulti. Al di là del fatto che possano tirare i sassi o meno… Del resto attualmente ci sono più di trecento minori nelle carceri israeliane. E non c’è nessun problema per gli aguzzini ebraici a torturarli come fanno con i più grandi. Un bambino che lancia delle pietre quali segreti dovrebbe nascondere per meritare la tortura? Nessuno evidentemente, ma il sadismo dei soldati dello Stato ebraico ormai non ha più limite.

La dura realtà di Hebron

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Certo, se si pensa che ad Hebron, a sud della Cisgiordania, esistono 20 checkpoint dell’esercito israeliano, in una città che conta 200mila abitanti, quasi tutti palestinesi. Il motivo della massiccia occupazione sul territorio è legato al fatto che lì sono spuntati degli insediamenti di coloni ebraici.

Durante la  normale quotidianità i cittadini palestinesi sono soggetti a lunghissimi e invasivi controlli e ai limitati movimenti urbani, ma anche alle incursioni nelle case e agli arresti notturni. Si pensi a cosa potrebbe succedere quando c’è una manifestazione di protesta o nel momento in cui esplode la tensione, particolarmente alta, che preannuncia un’intifada…

Una mattina dura come le altre, ma con l’aggiunta della tortura

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Fawzi, adesso lo sa benissimo. Quella mattina doveva andare a fare la spesa e prendere le medicine per la mamma. In famiglia è l’unico che può lavorare per sostenere i due genitori. E’ l’unico che può prendersi cura delle due tragedie che ha dentro casa.

E in quella mattina del 7 dicembre, i palestinesi dei territori occupati avevano da poco appreso la notizia che il capo della Casa Bianca si era deciso a spostare l’ambasciata a stelle e strisce da Tel Aviv a Gerusalemme, dichiarandola de facto capitale dello Stato ebraico.

In fuga dal terrore

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Fawzi ad un certo punto della giornata si trova in mezzo ad una scena di grande paura, tra lacrimogeni, proiettili di gomma, ma anche veri, che fioccano qua e là. Naturalmente vi è una unica cosa da fare: scappare. Una fuga che gli costa l’arresto, poiché finisce dritto in mezzo ad un folto gruppo di soldati che lo catturano: ha lanciato i sassi! Poi succede quello raccontato dalla foto di Wisam Hashlamoun per Anadolu Agency/Getty Images, che grazie al web ha fatto il giro del mondo.

Così, 23 soldati violenti e aggressivi se lo mettono in mezzo, lo picchiano, lo ammanettano dietro la schiena, gli bendano gli occhi, gli bloccano le braccia, gli spostano la testa al cielo, lo disorientano e se lo trascinano. Gli e le hanno date di santa ragione. L’hanno colpito con il calcio della mitragliatrice, in quasi tutto il corpo, il suo avvocato, ha potuto constatare lividi ed abrasioni.

Ovviamente davanti alle accuse che gli sono state rivolte il ragazzino ha raccontato quello che veramente stava facendo. Ma in uno stato autoritario, in quanto di occupazione, come quello di Israele, la verità è semplicemente un capriccio. Figurarsi che i soldati hanno asserito di avere dei testimoni che hanno visto Fawzi tirare le pietre. Ma quand’anche fosse colpevole, davvero è lecito il trattamento che il piccolo ha ricevuto?

E’ stato subito trasferito nel carcere di Ofer, dove non può incontrare nessuno dei familiari. Dopo l’udienza preliminare di lunedì, ha un sapore tragicamente grottesco il fatto che un ragazzino di 16 anni abbia dovuto affrontare il tribunale militare, dove si presentava praticamente scalzo e in condizioni spaventose. Ovviamente non è possibile pensare a quella dei genitori: uno disabile l’altra in punto di morte…

La decisione del Tribunale verrà presa il 18 dicembre. Ma dall’aria che si respira non sembra ci sia molto ottimismo sulla sua sorte.

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