A cura di Marco Marano
I passaggi storici di questa guerra europea li incontriamo nel decennio passato: 2014, secessione delle regioni Donetsk e Luhansk e trattato di Minsk; 2017, ripresa della guerra civile con la comparsa dell’esercito russo ai confini; 2022, invasione russa e sovvertimento del regime ucraino.
Una guerra contro i popoli
La calendarizzazione dei passaggi di questa guerra, che qualcuno ha detto “conviene a tutti ma non all’umanità”, ci è utile per comprendere due cose…
La prima è che, al di là degli interessi economici, commerciali, militari, in una sola parola strategici, il paese dominante dell’Europa dell’Est, cioè la Russia, ha cercato di movimentare le forze autoctone ucraine filo-russe, fin dall’inizio del contenzioso, ma non riuscendo le realtà interne filo-russe ad essere determinanti, lentamente è entrata in campo direttamente con l’esercito.
La seconda cosa da comprendere è che, a ben guardare, l’occupazione russa in Ucraina rientra nella stessa logica perpetrata dai governi statunitensi in America Latina, dalla fine della seconda guerra mondiale. In quei casi però, le forze autoctone, grazie all’acquisizione delle tecniche diffuse dagli organismi di sicurezza americani in termini di insurrezione, addestramento e finanziamento, quindi altissimo livello organizzativo, dall’esterno hanno potuto garantire il sovvertimento dei regimi democraticamente eletti.
La brutalità di un’azione bellica è sempre il risultato di un fallimento politico e diplomatico, legato agli interessi militari e strategici della Nato, che da anni avrebbe dovuto accogliere il nuovo ospite ucraino, “invadendo” un area geografica che con la dissoluzione dell’Unione Sovietica avrebbe dovuto essere neutrale (modello svizzero).
In tal senso la pace va costruita nella logica di garantire i popoli, sia il pezzo russofono come l’altro che rivendica la bandiera ucraina. Quando prevalgono gli interessi militari, non esistono buoni o cattivi, ma solo cattivi…
Un’analisi storica dell’informazione
Il breve articolo che segue è la cronaca del momento topico, cioè quando si comprese che non c’era nessuna volontà da ambo le parti di far prevalere le ragioni dei popoli ma solo quelle strategiche… E’ l’inizio dell’avvicinamento militare russo all’Ucraina. Quella cronaca, riletta oggi, assume un significato diverso da allora poiché è una testimonianza delle cause e delle modalità del conflitto in essere.
Mosca e Kiev si accusano: è di nuovo guerra
Dopo una fase di tregua e un trattato di pace in attesa di essere applicato, si riaccende la guerra nella regione orientale dell’Ucraina.
31 gennaio 2017 –La guerra civile in Ucraina sembra essere ripresa dopo la tregua illimitata raggiunta in dicembre. E come sempre le parti in causa si accusano reciprocamente di non rispettare gli accordi. Oggi, come riporta l’agenzia Ansa, si continua a combattere ad Avdiivka, nel Donbass, la regione contesa tra gli autonomisti filo-russi dell’auto proclamata Repubblica popolare di Doneck e le truppe regolari di Kiev, vicina a Stati Uniti ed Europa. Nelle ultime 24 ore, secondo fonti miliziane, sarebbero 4 i separatisti uccisi e altri 7 feriti, mentre il quartier generale dell’esercito ucraino ha annunciato che tra le proprie fila vi sono 3 morti e 20 feriti. Altre fonti segnalerebbero anche il decesso di 2 civili, con un bilancio complessivo delle ultime 48 ore di 12 caduti in tutto.
Chi ha rotto la tregua?
Nella situazione di caos che si è creato non è ben chiaro, allo stato attuale, chi dei due contendenti abbia rotto la tregua. Secondo fonti del governo ucraino 3 soldati sono morti in seguito ad un attacco dei miliziani alle postazioni governative di Avdiyivka. In tal senso l’esercito regolare, tramite un suo portavoce ha fatto sapere che i separatisti avrebbero anche interrotto le forniture elettriche. Un portavoce del ministero della Difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk, riportato dall’agenzia Interfax, avrebbe dato un’altra versione. In seguito ad un bombardamento delle forze armate ucraine sarebbe mancata l’energia elettrica presso la miniera Zasiadko, nel Donbass, dove solo 92 dei 207 minatori rimasti intrappolati sarebbero in questo momento in salvo.
La guerra diplomatica
Ma il rincorrersi di voci si gioca anche a livello diplomatico. Se il presidente ucraino Poroshenko, interrompendo la sua visita in Germania, ha parlato di emergenza e disastro umanitario, chiedendo di far pressione alla Russia affinché l’accordo di Minsk venga garantito dal punto di vista della sicurezza, dall’altra parte il Cremlino sottolinea che l’aggressione delle forze armate ucraine mette in serio rischio l’accordo suddetto. Nel mezzo la cancelliera Merkel è stata l’unica, in queste ore, che si è espressa, dicendosi preoccupata per la situazione sul “fronte orientale”.
Il ruolo di Mosca
Si, perché questo particolare conflitto, esploso nell’aprile del 2014, nella parte orientale dell’Ucraina, nelle regioni di Donetsk e Luhansk, e segnato dalla volontà di separazione dei due territori dall’Ucraina, si è sviluppato attorno al ruolo del Cremlino. Dopo i referendum che confermarono le secessioni, nell’estate dello stesso anno l’esercito russo, secondo la segnalazione di ufficiali della NATO, avrebbe sconfinato nella parte sud-orientale del paese, cosa smentita da Mosca, facendo diventare la Russia parte in causa del conflitto. E’ così che nel settembre del 2014 veniva firmato a Minsk un protocollo tra Ucraina, Russia, Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Lugansk, per porre fine al conflitto. Nell’accordo veniva sottoscritto che le due autoproclamate repubbliche separatiste avrebbero avuto garantite una sorta di autonomia regionale, che ancora dalla “madre patria” non è stata concessa, che considera quel territorio occupato illegalmente da gruppi armati.
Credit: AFP
Fonti: Ansa, Interfax