Dovrebbero tenersi il 24 dicembre le elezioni presidenziali e parlamentari in Libia, volute a tutti i costi dalla comunità internazionale per creare una falsa stabilità funzionale agli interessi petroliferi. Così la carnevalata che si appresta a svolgersi vede come candidati due uomini accusati di crimini contro l’umanità, per cui si preannuncia per la Libia un’altra tragica stagione.
di Marco Marano
Bologna, 17 novembre 2021 – I due principali contendenti alle elezioni libiche del 24 dicembre sono il maresciallo Khalifa Haftar e Saif al-Islam Gheddafi, due nomi pesantissimi, che rappresentano la peggiore storia di un paese governato dalle bande criminali, con la presenza di vari eserciti stranieri sul territorio ed un governo fantoccio che fa il verso agli interessi petroliferi dell’occidente, il cui leader, Abdelhamid Dbeibah, primo ministro ad interim, è il terzo candidato.
Attenti a quei due
Il primo, ex agente della Cia, è stato quello che per quattordici mesi ha tenuto Tripoli sotto tiro, affermando che la Libia non è pronta alla democrazia, accusato, per le sua azioni violente durante la marcia sulla capitale, di crimini di guerra. L’altro candidato forte è l’unico figlio di “Cane pazzo”, come lo chiamava il Presidente Reagan, Muammar Gheddafi, il dittatore libico, massacrato dal suo stesso popolo nel 2011, in seguito alle primavere arabe. In quella occasione il giovane Gheddafi, anziché porsi come sintesi tra il padre e il popolo, come auspicavano in tanti, si schierò con il padre, accusato di aver ucciso gruppi di manifestanti, ricercato per crimini contro l’umanità, per questo, dicono in molti, ineleggibile.
Il solito scenario per procura
Se consideriamo che non esiste nemmeno una legge elettorale certa, il contesto in cui si muovono le forze in campo è il solito delle guerre per procura, che nel precedente decennio siamo stati abituati ad osservare impietriti. Gli stati in questo momento che in Libia giocano a scacchi sono quelli schierati con Haftar da un lato Egitto, Russia ed Emirati Arabi Uniti, a cui si aggiunge la Turchia, il cui esercito ha impedito ad Haftar d’impossessarsi di Tripoli durante la sua ultima avventura bellica. Tutti questi mantengono i loro eserciti sul campo. Poi ci sono gli Stati europei con la Francia che cerca di dettare l’agenda e l’Italia che aspira a posizionarsi; i due Stati europei sono presenti sul territorio con le loro intelligence.
Elezioni o nuova guerra civile?
Essendo la situazione molto magmatica, già prima di cominciare si sono innescate le dispute sul processo elettorale, poiché, come dicevamo, non v’è certezza delle regole. Gli eserciti dell’una e dell’altra parte sono presenti ancora sul territorio libico, se consideriamo che apertamente Haftar ha dichiarato di auspicare una dittatura militare, e che Gheddafi ha l’appoggio di molte tribù fedeli al padre, più che una tornata elettorale questa sembra l’inizio di una nuova guerra civile…
Quel che rimane dell’opinione pubblica
Dal sito di Al Jazeera leggiamo delle sconfortanti riflessioni da parte di membri della società civile, attivisti, giornalisti che hanno manifestato contro queste candidature in varie città tra cui Misurata.
Riportiamo la dichiarazione Hanan Salah, responsabile di Human Rights Watch per la Libia: “Mentre ci sono alcune ambiguità riguardo alle leggi elettorali e allo status giuridico, non c’è ambiguità quando si tratta dell’obbligo legale delle autorità in Libia di arrestare e consegnare Saif al-Islam Gheddafi alla Corte penale internazionale dell’Aia, dove è ricercato per crimini contro umanità”.
FONTI : Al Jazeera, France24
Credit: AFP