di Marco Marano
La giornata di oggi è stata caratterizzata dall’ennesimo sciopero generale in tutto il paese contro il governo liberista di Sebastián Piñera, indetto dai movimenti che si rifanno alla piattaforma Unità Sociale. Dai quartieri più disagiati della capitale sono partite azioni che hanno portato a barricare gli accessi autostradali. La repressione poliziesca non si è fatta attendere.
Bologna, 26 novembre 2019 – Sono passati quasi due mesi dall’inizio delle rivolte popolari in Cile, iniziate per l’aumento dei trasporti pubblici, e finite per chiedere giustizia sociale e una nuova costituzione. A niente sono serviti i tentativi del presidente di cinturare la riscrittura della nuova costituzione: le opposizioni l’hanno rigettata. Come a niente sono servite le minacce di attuare le misure eccezionali dello stato di emergenza per le manifestazioni in atto nel paese.
Un regime autoritario che protegge gli interessi di pochi
Le manifestazioni represse duramente, nel silenzio complice della comunità internazionale, sono state caratterizzate da omicidi mirati, violenze, torture e stupri, in perfetto stile Pinochet, fase da cui provengono molti esponenti dell’attuale governo.
Soprattutto le donne stanno pagando un duro prezzo. In tal senso le icone della rivolta sono diventate le due donne uccise barbaramente: Daniela Carrasco, detta El Mimo e la fotografa Albertina Martínez Burgos. Sono settanta le accuse a pubblici ufficiali, per crimini contro i diritti umani, come dai rapporti di Amnesty International.
Le rivendicazioni dal basso e la nuova lotta di classe
Oggi, nell’ennesimo sciopero generale, in corso mentre scriviamo, le prime notizie che arrivano sono quelle della capitale Santiago. L’articolazione dei movimenti sociali che si riconoscono in Unità Sociale è molto ampia e riguarda praticamente tutte le categorie di lavoratori.
A convocare il proprio popolo è stato il Movimento Ukamau, che da anni si batte per dare alloggi dignitosi a tutte le famiglie sfrattate. Sono state convocate le periferie al fine di bloccare i passaggi autostradali.
Le rivendicazioni sono chiare e descrivono un paese insopportabilmente oligarchico, partendo proprio da abitazioni dignitose per tutti, che risponde alla necessità di creare un piano casa inclusivo e non liberticida. E poi salario minimo a 510mila pesos, pensioni livellate allo stipendio base, garanzie di accesso per tutti ai servizi pubblici, che siano però efficienti e funzionanti: sanità, istruzione, elettricità di base, acqua, servizi di trasporto per tutti.
Le barricate sugli accessi autostradali
Sono partiti quest’oggi dalle periferie, i convocati del movimento Ukamau, e si sono diretti verso gli accessi autostradali per erigere delle barricate. Le due più rilevanti sono state quelle dell’autostrada del Sol, che collega Santiago a Valparaíso, e quella Pedro Aguirre. Nel primo caso circa 500 manifestanti sono stati evacuati dalle forze speciali, che attraverso getti d’acqua e spray al peperoncino hanno fatto si che la gente si dileguasse. Stessa cosa nell’altro punto, all’altezza della stazione della metropolitana Cerrillos.
I moti popolari non si fermeranno finché non ci sarà dignità per tutti
Nolberto Díaz è il segretario generale del Centro unitario dei lavoratori (CUT), in una nota ha messo in chiaro che i moti popolari non si fermano davanti ai tentativi di Piñera di manipolare la realtà del paese: “Lo sciopero segnala che, nonostante gli annunci del governo, non vi è stato alcun dialogo con i movimenti sociali (…) Le misure adottate dall’esecutivo di Sebastián Piñera garantiscono, a questo modello economico, di rimanere intatto, senza intaccare i privilegi dei più ricchi, mentre tutti i cileni devono finanziarli con le loro tasse (…) È anche necessario che questo martedì il movimento sindacale si esprima in manifestazioni pacifiche, estranee alla violenza e al saccheggio, per rivendicare dignità per tutti e invitare il governo a riconsiderare le sue posizioni…”
FONTE: Prensa Latina
Immagine in evidenza: Prensa Latina