di Marco Marano
La sentenza ad orologeria del Tribunale di Rabat consegna alle patrie galere i protagonisti di un aborto che non vi è mai stato, congegnato per colpire gli oppositori al regime.
Bologna 1 ottobre 2019 – La ventottenne giornalista marocchina Hajar Raissouni, è stata condannata, dal tribunale di Rabat, a un anno di reclusione a causa delle accuse di aborto clandestino e atti contro la morale pubblica, cioè per aver avuto rapporti sessuali fuori dal matrimonio. Insieme a lei ha ricevuto la medesima condanna il compagno Rifaat al-Amin, docente sudanese di 40 anni e attivista per la Ong in difesa dei diritti umani Geneva Institute for Human Rights (GIHR). Al medico a cui è stato imputato di aver eseguito l’aborto, il dottor Mohammed Jamal Belkeziz, sono stati comminati due anni di carcere. Mentre a un anestesista e una infermiera sono state inflitte condanne di un anno e otto mesi rispettivamente sospese.
Una falsa accusa in un falso stato di diritto
I protagonisti di questa assurda vicenda sono stati arrestati due mesi fa tutti insieme, mentre la giornalista del quotidiano in lingua araba Akhbar Al-Yaoum, mal visto dal potere locale per i tantissimi contrasti che si continuano a susseguire, usciva dall’ospedale di Rabat, in seguito ad una procedura di emergenza per rimuovere un coagulo di sangue.
I poliziotti in borghese hanno prelevato la donna obbligandola ad una visita ginecologica, atto questo equivalente ad una forma di tortura… A tal punto hanno manipolato la cartella medica e architettato un’accusa assolutamente inesistente, poiché la donna non ha subito nessun aborto.
La falsa morale usata dal potere
Il tema è legato principalmente all’articolo 490 del codice penale che impedisce i rapporti fuori dal matrimonio. Il docente sudanese e la giornalista marocchina hanno una relazione sentimentale che non è mai stata nascosta. Ma anche qui, come riportato da Al Jazeera, i documenti del matrimonio non sarebbero ancora registrati in Marocco, solo perché l’ambasciata sudanese non avrebbe ancora formalizzato l’atto.
Come segnalato dal quotidiano inglese The Guardian, TrialWatch, un sottogruppo della Clooney Foundation for Justice ha monitorato il processo di Raissouni: “Le prove non hanno sostenuto le accuse (…) La difesa ha affermato che gli esami del sangue hanno rivelato che i livelli di ormoni dell’imputata erano così bassi che sarebbe stato impossibile per lei rimanere incinta di otto settimane, come affermato dal medico della polizia”.
Un processo politico per una legislazione anacronistica
La giornalista ha denunciato il trattamento del tribunale di Rabat come “Un processo politico”, poiché interrogata su argomenti che prescindevano dal fatto specifico, come quelli riguardanti un suo zio, anch’esso giornalista estremamente critico nei confronti del sistema di potere, o di un collega del suo giornale che aveva contestato il provvedimento.
Il 23 settembre centinaia di donne hanno difeso la reporter araba dichiarandosi “fuorilegge” per aver violato leggi obsolete, compresa quella sull’aborto…
FONTI: The Guardian, Al Jazeera, alyaoum24
Immagine in evidenza: Youssef Boudlal / Reuters
Credits: alyaounm24