Occupazione turca ad Afrin: ogni giorno rapimenti e omicidi

di Marco Marano

I rapporti segnalano più di 500 civili rapiti durante i mesi di luglio e agosto e 52 persone dall’inizio di settembre: ma le cifre reali sono ritenute più alte.

Bologna, 12 settembre 2019 – Si chiama “Samarkand Brigade” e ormai fa il bello ed il cattivo tempo nei villaggi intorno ad Afrin, da quando, partner dell’esercito turco, ha occupato il cantone kurdo, imponendo una violenza tipica dell’estremismo jihadista, di cui ne è la “diretta erede”, in quanto i suoi membri sono fuoriusciti da quell’Isis protetta dalla Stato di Turchia e dal suo sultano Erdogan.

Come vivere quotidianamente in mezzo alla ferocia

Gli attacchi di questa organizzazione criminale ai cittadini kurdi che non hanno lasciato le loro case, come imposto dalla Turchia, per il “ricambio demografico”, sono la prassi quotidiana, le cui statistiche a ribasso danno il senso di un dramma che il mondo non conosce, o non vuole conoscere.

La scena ricostruita dalle fonti sul campo tra il 9 ed il 10 settembre ha dell’incredibile, per la ferocia con cui il sultano Erdogan ha deciso di fare i conti con il popolo kurdo della Siria del Nord, ribattezzata Rojava… Ma fotografa anche una quotidianità surreale al di là della sopportazione umana…

Gli attacchi

Le incursioni del 10 settembre, sono iniziate verso mezzogiorno e sono state ovviamente rivolte contro la cittadinanza  del villaggio di Kefer Sefre, distretto di Jindires ad Afrin. Incursioni consecutive, con spari all’impazzata. Nel primo attacco venivano rapite sette persone.

Durante il secondo attacco gli abitanti del villaggio hanno cominciato una qualche forma di resistenza. Così gli spari contro i resistenti si sono intensificati, ferendo quattro persone.

Il giorno precedente era stato trovato il cadavere di un altro civile rapito ad Afrin in agosto. Le immagini del corpo senza vita mostravano chiari segni di tortura.

Stato d’assedio

Il cantone di Afrin è stato assediato dall’esercito turco e dalle sue bande jihadiste ex Isis, dal 20 gennaio 2018, fino alla definitiva occupazione avvenuta il 18 marzo dello stesso anno. Da subito il sistema di occupazione turco si è manifestato per la sua violenza contro i civili, per costringerli ad andare via al fine di saccheggiare i beni dei residenti e attuare la trasformazione demografica, con il subentro dei jihadisti alleati turchi.

Da quel momento i trattamenti disumani, i saccheggi, le esecuzioni, le torture, i rapimenti, sono le costanti con cui vivono i civili kurdi rimasti ad Afrin

FONTE e Credits: ANF

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