di Marco Marano
Decretato lo stato d’assedio in 22 comuni del Guatemala, il “paese sicuro” imposto da Trump per accogliere i rifugiati che gli Usa non vogliono. Il motivo riguarda l’omicidio di tre marines da parte di affiliati ai cartelli dei narcos, la cui responsabilità, secondo il presidente uscente Morales, è da affibbiare ai difensori dei contadini e dei diritti civili. Ma il presidente “dimentica” come sia diffusa la contiguità dei funzionari pubblici ai narcotrafficanti.
Bologna, 5 settembre 2019 – Trenta giorni di stato d’assedio in 22 comuni del nord-est guatemalteco. Ciò significa la sospensione delle libertà costituzionali per tutti gli abitanti dei comuni sottoposti a questo provvedimento voluto dal presidente uscente Jimmy Morales. Questo si traduce nell’interruzione delle libertà di azione, movimento, riunione e dimostrazione. A ciò si aggiunga che il governo può fermare, interrogare e arrestare le persone senza vincoli giudiziari. Dato che i cittadini delle comunità sono considerati collusi con i cartelli, questo presumibilmente porterà ad azioni violente contro la popolazione. Il Congresso ha tre giorni per ratificare il provvedimento già in atto.
Il casus belli di una post-democrazia
La scusa o la motivazione per legittimare questo atto estremo deriva dall’omicidio di pochi giorni or sono di tre marines in perlustrazione nei pressi di El Estor, Izabal. Dal resoconto del quotidiano “Prensa Libre”: È stato riferito che i soldati di pattuglia si stavano dirigendo in barca verso un’area di possibile sbarco di un aereomobile, ma continuarono a piedi perché non potevano andare oltre lungo quella rotta. Quando hanno attraversato la comunità di Pataxté, un gruppo armato gli ha teso un’imboscata e gli ha sparato. Secondo l’Esercito guatemalteco, il gruppo armato ha usato bambini e donne come scudo, quindi i soldati non hanno sparato e hanno scelto di consegnare le loro armi”.
Come deviare l’attenzione sul capro espiatorio
In una conferenza stampa tenuta ieri le accuse del presidente uscente sono state rivolte agli attivisti per i diritti umani e per la difesa dei contadini: “Lo Stato del Guatemala ripudia i fatti relativi a quelle persone che si difendono dietro le bandiere della pseudo difesa dei diritti umani. Abbiamo scoperto che molte persone in quelle regioni sono state collegate ad azioni di traffico di droga”. Poi li ha apostrofati con i termini di “pseudodefensores” e“pseudocampesinos”, i quali, a sentire il presidente trumpiano proteggerebbero gli affiliati dei cartelli.
Le altre verità
Ma dietro queste dichiarazioni che leggono, in modo discutibile, solo un aspetto della questione si nascondono altre verità… Si, perché se lo scenario in cui si è evoluta negli anni la gara al narcotraffico in America centrale è legata al controllo delle aree boschifere, assolutamente non presidiate dalle forze dell’ordine, dove vige la legge del più forte, sicuramente i mezzi utilizzati dai cartelli sono estremamente evoluti: dagli aerei mobili ai pescherecci a navi di trasporto merci.
Il caso del villaggio di Manchón Guamuchal, venuto alla luce in aprile, è emblematico. Si tratta di una riserva naturale nei pressi della spiaggia di Champerico, assolutamente in mano ai cartelli della droga. E’ lì che il tema degli “scudi umani” è venuto all’attenzione dell’opinione pubblica. Si tratta di villaggi isolati, circondati da desolazione. Luoghi insomma abbandonati dalle autorità locali e nazionali, elemento fondate, secondo i capi della comunità, che determina contiguità forzata tra chi esercita la violenza e chi la subisce.
Gli amministratori locali affiliati ai narcos
Poi, c’è il tema della complicità degli amministratori locali: dai sindaci ai dirigenti delle municipalità, ma anche poliziotti che partecipano attivamente al business del narcotraffico, proprio per un’assenza sistemica dello Stato nelle aree rurali. Immunità territoriale e riciclaggio sono i principali obiettivi dei narcos in ragione del coinvolgimento del comparto pubblico, finanziando campagne elettorali e imponendo voti di scambio.
Uno dei casi più emblematici è stato quello del sindaco di Puerto San José, Jorge Alberto Rizzo Morán, arrestato il 9 settembre 2016. La sua carriera criminale ha coinvolto vari pezzi della sua famiglia: dalla moglie ai cognati, condannati per riciclaggio e associazione illecita…
FONTI: Prensa Libre, La Hora
Immagine in evidenza: Prensa Libre: Hemeroteca PL
Credits: Carlos Hernández, Hemeroteca PL