di Marco Marano
La morte in battaglia contro l’Isis di Lorenzo Orsetti, apre un squarcio inquietante sugli italiani che come lui si sono aggregati al Battaglione internazionale per difendere la libertà del Rojava, poiché rientrati nel “bel paese” sono stati inquisiti dalla Magistratura.
Bologna, 20 marzo 2019 – Se un velo di tristezza può raggiungere tutti coloro che amano l’autodeterminazione dei popoli, nel momento in cui è arrivata la notizia, da parte delle Unità di Protezione Popolare (YPG), della morte di Orso, così era soprannominato Lorenzo, l’inquietudine è sopravanzata quando si è scoperto che i suoi compagni di lotta italiani in Rojava sono stati inquisiti dalle procure di Torino e Nuoro, una volta rientrati in Italia.
Tristezza e inquietudine sono i risvolti di una unica medaglia poiché i combattenti italiani delle YPG, sono stati dichiarati, nel loro paese, “soggetti socialmente pericolosi”.
Questo significa che, pur non avendo commesso nessun reato, è in gioco la loro libertà…
In difesa della democrazia dal basso del Rojava
Tekoşer Piling, era questo il nome di battaglia di Lorenzo Orsetti, giovane uomo di 32 anni, amante della libertà dei popoli, arruolatosi nel battaglione internazionalista a sostegno della rivoluzione del Rojava: era il 2017. La sua scelta di combattere era dedicata all’esperienza di democrazia dal basso che l’autodeterminata autonomia kurda ha poi aggregato alle altre “etnie” presenti in quel territorio, arabi, assiri, armeni e turkmeni, dentro la Federazione Democratica della Siria del Nord.
Infatti Lorenzo andava a combattere per la prima volta non contro l’Isis ma contro la Turchia e i suoi mercenari jihadisti fuoriusciti dal sedicente Stato Islamico. Questo quando il sultano turco Erdogan decideva di occupare militarmente Afrin, uno dei cantoni del Rojava.
Pulizia etnica, ridefinizione della demografia, saccheggio dei beni dei residenti, e poi le solite storie: torture, stupri, scudi umani…
Caduto in una imboscata
Così, le YPG descrivevano proprio ieri la caparbietà di Orso: “Ha svolto un ruolo significativo nella lotta per la libertà, sopportando tutte le condizioni con determinazione. Ha anche combattuto con grande sacrificio nella campagna Jazira Storm per cacciare l’ISIS dalla sua enclave finale a Deir al-Zour”.
Non si è mai tirato indietro Lorenzo, chiedeva di stare in prima linea. Così, davanti all’ultima battaglia contro l’Isis, nel villaggio di Baghouz, lui non poteva non esserci. Lunedì 18 marzo è stato il suo ultimo giorno di vita. Il suo battaglione è caduto in una imboscata alle spalle, per liberare il campo profughi vicino al villaggio.
Allo stato attuale sono circa un migliaio i miliziani jihadisti con le loro famiglie, che si sono “trincerati” in un piccolo fazzoletto di terra al di là dell’Eufrate. Le Forze Democratiche Siriane (SDF), guidate dalle YPG, temono la presenza di mine, tunnel per la fuga e imboscate, come quella in cui ha perso la vita Lorenzo.
Eroi in Siria ma socialmente pericolosi in Italia
Mentre in Italia il sacrificio di Lorenzo, a parte qualche mal di pancia, viene pressoché da tutti riconosciuto come un atto eroico, allo stesso tempo, in questi giorni, le procure di Torino e Nuoro hanno messo sotto inchiesta i combattenti italiani delle YPG, arruolatisi nel battaglione internazionalista, riusciti a tornare vivi nel proprio paese.
Le motivazioni dei magistrati sono agghiaccianti. In pratica il teorema è il seguente: essendo queste persone attivisti di organizzazioni antagoniste e avendo acquisito esperienza sull’uso delle armi e sulle tecniche di combattimento, sarebbero soggetti socialmente pericolosi, quindi, in tal senso, pur non avendo mai commesso un reato, sarebbe possibile limitarne la libertà.
Davide Grasso, Paolo Andolina, Jacopo Bindi, Fabrizio Maniero e Maria Edgarda Marcucci saranno “giudicati” il 25 marzo dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Torino, mentre oggi si attende il “giudizio” dal Tribunale di Nuoro per Pierluigi Luisi Caria.
FONTI: ANF, Rojava resiste, il manifesto
Immagine in evidenza: ANF
Credit: Rojava resiste, ANF