di Marco Marano
Svelato il grande bluff del governo italiano sulla questione libica all’indomani della sfilata nel capoluogo siciliano di alcuni “tenutari dei paesi arabi”, degli intendenti dei potenti europei, e dei due leader che si combattono sul campo. Intanto gli scontri armati continuano…
Bologna – La chiusura del vertice di Palermo sulla Libia, che per il momento ha messo quasi tutti d’accordo esclusivamente sulle elezioni da tenersi nella primavera del 2019, ha determinato i primi contraccolpi bellici, la sera del 14 novembre. Da un lato c’era una fazione vicina ad Al-Sarraj, Forza Centrale di Sicurezza, capitanata da Abu Salim. Lo schieramento opposto era costituito dalla milizia gheddafiana del Settima brigata, quella che ha messo a ferro e fuoco la città a fine agosto, e quella islamiste del gruppo Ghanewa capitanato Salah Badi, deputato di Misurata, vicino alla Turchia, la quale ha abbandonato il summit siciliano vista l’assenza del Qatar.
Un copione già scritto
Gli scontri, che non hanno mietuto nessuna vittima, a differenza dei 121 morti di fine agosto, hanno visto come teatro di guerra la zona sud della città, a 25 chilometri dal centro, che comprende il perimetro del vecchio aereoporto internazionale, chiuso dal 2014, sostituito da quello nuovo chiamato Mitiga.
Il vecchio scalo è stato dichiarato dalla settima e ventiduesima Brigata “zona militare”, quasi a volere attirare l’attenzione delle milizie governative. Secondo il sito di notizie Libyan Observer, la Settima “nell’area di Qasr Bin Ghashir ad est dell’aeroporto si era fermata all’intersezione del campo di Al-Manara”. Così sono stati creati vari Checkpoint attorno all’ex scalo, al fine di presidiare la zona. Dopo diverse ore di battaglia è stato dichiarato il cessate il fuoco. Ma non sembra che le forze governative siano intenzionate a lasciare quel territorio in mano alle milizie nemiche…
Le varie interpretazioni
Analisti e parti in causa hanno snocciolato in queste ore una serie di motivazioni, oltre a quella più plausibile, il cui input è arrivato con l’abbandono della Turchia del summit di Palermo. In primo luogo c’è il Leitmotiv di tutte le guerre civili nell’area mediorientale e nella regione africana, dove le milizie fanno le guerre per accaparrarsi ricchezze e denari legati ai territori. Ecco che se qualcuno viene escluso dagli ambiti negoziali, le armi iniziano a “parlare” per loro.
Infine c’è il fatto che la Conferenza di Palermo ha scontentato i clan legati alla Settima, per non aver posto la questione della corruzione e del ruolo di quelle milizie vicine ad Al-Sarraj che devono essere sciolte.
Il paradosso di tutta questa vicenda è che diventa assolutamente impossibile una gestione internazionale del paese senza stato per eccellenza, qual è la Libia, e questa sembra l’unica verità certa che è uscita fuori questa settimana.
FONTI: Libya Observer, Africa rivista, Ansa
CREDITS: Libya Observer, Ansa
Immagine in evidenza: AFP