La guerra di Tripoli: abbandonati dentro i lager del governo

di Marco Marano

Sono persone provenienti prevalentemente dall’Africa sub sahariana, imprigionate nei campi di concentramento del governo ufficiale di Tripoli, intercettate dalla guardia costiera libica, in seguito agli accordi con i governi italiani.

Bologna – “Diverse centinaia di migranti sono rimasti intrappolati nei centri di detenzione gestiti dal governo nella capitale libica dopo che le guardie sono fuggite dagli scontri tra gruppi armati rivali nei giorni scorsi”. L’agenzia Reuters, proprio ieri metteva l’accento sulla drammatica situazione che si sta vivendo a Tripoli, dove imperversa uno scontro armato tra le brigate afferenti al GNA (Government of National Accord), il governo di accordo nazionale riconosciuto dalla comunità internazionale.

Vittime dei respingimenti italiani

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L’agenzia di stampa, in contatto con un operatore umanitario, segnala che in questo momento ci sono più di 400 persone, rinchiuse nel centro di detenzione di Ain Zara, senza cibo né acqua, abbandonati dai secondini,  fuggiti in seguito alla guerra che si sta combattendo nella parte sud della città.

Donne, uomini e bambini al di sotto dei cinque anni. Si tratta di persone intercettate dalla guardia costiera libica mentre cercavano di arrivare in Italia. Proprio quelle che i governi italiani si sono impegnati a respingere per mettere fine agli sbarchi. In realtà il numero di persone bloccate nei lager libici sarebbero molte di più. Secondo una fonte della Reuters ci sarebbero 1500 persone rimaste in trappola almeno in tre centri di detenzione…

Lo scontro armato dentro il governo nazionale

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La guerra esplosa tra milizie vicine al governo nazionale, e clan che controllano parti di territorio che l’Italia e l’Europa dicono di voler supportare per “risolvere il problema degli sbarchi”, ha visto in questa settimana come teatro l’area sud della città, quella dove il controllo dell’aereoporto è di vitale importanza.

Da un lato vi sono le brigate stanziali di Tripoli sud, denominati sotto la sigla Brigata dei rivoluzionari di Tripoli, un cartello formato dalle milizie Haythem Al-Tajouri e Gheniwa. Dall’altro vi è la Settima Brigata chiamata Kanyat distanza a Tarhouna, un centro urbano a 65 chilometri a sud di Tripoli, a cui si è aggiunta la milizia Katiba.

Dopo due giorni di guerra, con carri armati e artiglieria, in piena zona residenziale, si era fatto un bilancio di 5 morti ed una trentina di feriti. Mercoledì veniva dichiarato un cessate il fuoco, durato poche ore.

Gli scontri, quindi, proseguono e allo stato attuale non si conoscono ancora i dati reali che il Ministero della Salute ha difficoltà a diffondere. A quanto sembra, l’aviazione del GNA avrebbe compiuto un attacco aereo proprio a favore della Brigata dei rivoluzionari di Tripoli, contro la Settima. Lo stato di caos e pericolo ha indotto la Mezzaluna rossa della capitale libica a avvisare gli abitanti della zona di lasciare le case in attesa di una vera e propria evacuazione.

I profitti dell’economia informale oggetto del contendere

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La guerra interna al governo ufficiale di Tripoli nasce dal fatto che le brigate dell’apparato militare del GNA erano in realtà clan tribali trasformatisi in milizie e poi in brigate.

Questo perché attraverso il controllo bellico del territorio hanno fatto man bassa dell’economia cosiddetta informale della Libia: greggio di contrabbando, prima di tutto, ma anche armi, droga, e soprattutto tratta degli esseri umani. Quest’ultima configurata attraverso reti trasversali al cui centro vi è proprio la guardia costiera libica.

Social Media_TripoliOra, il boccone più grosso è andato alla Coalizione di milizie che stanno dentro la Brigata dei rivoluzionari di Tripoli, considerati corrotti  dalla Settima Brigata, in perfetto stile da regolamento di conti.

Certo è che una milizia libica che da del corrotto ad un’altra milizia è come dare dell’assassino ad un soldato in guerra: una contraddizione in termini…

Sembra chiaro dunque che “la guerra di Tripoli” sia nata solo ed esclusivamente per il “risentimento” nei confronti di chi si è arricchito a dismisura.

Non solo, c’è da dire che questo cartello di brigate agiscono così in autonomia che hanno il controllo di edifici strategici e dell’aereoporto. I loro uomini sono infiltrati nell’apparato burocratico: nei ministeri, nelle banche…

E laddove non riescono a penetrare usano minacce ed intimidazioni, come quella segnalata dalla National Oil Corporation contro il nuovo capo dell’unità di distribuzione di carburante…

FONTI: Reuters, Al-Jazeera, rt.com, Libyan Express

CREDITS: Reuters, Global Look Press, Libya Observer, Social Media

Foto in evidenza: Hamza Turkia _Global Look Press

Aggiornamento

Libyan Express

ONU, gruppi di aiuto che evacuano i migranti dalla zona di scontri della capitale libica

Centinaia di migranti sono stati trasferiti nella capitale della Libia dai centri di detenzione governativi dopo essere rimasti intrappolati dagli scontri tra gruppi rivali, le Nazioni Unite e fonti di aiuti hanno detto giovedì.

I migranti sono stati portati in un “posto più sicuro” da due centri gestiti dal governo sostenuto dall’ONU dall’area di Ain Zara nel sud-est di Tripoli, hanno detto gli operatori umanitari.

L’agenzia dell’ONU per i rifugiati dell’UNHCR “in coordinamento con altre agenzie e con il Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale (DCIM) ha facilitato il trasporto di tutte le persone ad Ain Zara”, si legge in una nota.

I migranti erano principalmente cittadini eritrei, etiopi e somali che erano stati portati in un centro di detenzione separato lontano dai combattimenti.

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