di Marco Marano
Gentiloni: “è merito nostro se finalmente si sono accesi i riflettori sulla situazione dei diritti umani in Libia”. Davanti alla accuse approfondite e circostanziate della Ong, il capo del governo ribalta la realtà. Ecco spiegate le origini delle fake news in Italia: le realtà parallele del sistema di potere.
Bologna, 13 dicembre 2017 – Si è svolta ieri a Bruxelles la presentazione del rapporto della Ong Amnesty International, che combatte per la salvaguardia dei diritti umani nel mondo, sulle devastanti condizioni dei migranti: “La rete oscura libica della collusione”. Un’analisi particolareggiata che completa le informazioni già assodate nel corso di quest’anno, prodotte da altre organizzazioni non governative come l’Unicef . Una sconcertante e imbarazzante realtà portata a galla anche dalle tante inchieste giornalistiche delle più importanti testate del mondo: Associated Press, Reuters, Cnn. L’accusa è presto detta: i paesi dell’Unione europea, con in prima fila l’Italia, hanno finanziato e garantito i torturatori e gli schiavisti dei lager libici, dove sono rinchiusi i migranti, prevalentemente sub sahariani.
Le menzogne del governo italiano
“Noi andiamo al Consiglio con l’orgoglio di essere contemporaneamente il Paese capace di accogliere e salvare vite umane in mare e infligge ai trafficanti di vite umane sconfitte serie e, mi auguro, stabili nel tempo”. Queste sconcertanti parole sono state pronunciate ieri dal premier italiano Gentiloni, durante la seduta al Senato, nelle comunicazioni in vista del prossimo Consiglio dell’Unione europea. Nel frattempo a Bruxelles Amnesty International presentava il suo rapporto che per l’ennesima volta portava inconfutabili prove sulle menzogne che il governo italiano ormai propina come una sorta di canovaccio…
“Le scoperte di Amnesty International non mostrano solo come funzionari corrotti e malviventi, abbiano trattato donne, uomini e bambini. Fanno anche luce sulle responsabilità dell’Europa. Esse rivelano come l’Unione europea, i suoi Stati membri – e in particolare l’Italia – hanno perseguito il loro obiettivo di limitare il flusso di rifugiati e migranti attraverso il Mediterraneo, con poca riflessione o apparentemente cura, per le conseguenze di chi è intrappolato in Libia”.
Ancora Gentiloni: “Dal primo luglio a oggi c’è stata una riduzione degli arrivi del 69%, pari a 80mila migranti: un risultato che solo un anno fa sarebbe stato impensabile prevedere… Si tratta di un risultato frutto di un lavoro enorme, di rapporti bilaterali con le autorità libiche e con i Paesi di provenienza e di transito… L’Italia si è mossa, ha fatto un trattato bilaterale in Libia, ha ottenuto risultati “.
Dice il rapporto di Amnesty: “Gli stati membri dell’UE hanno stipulato una serie di accordi di cooperazione con le autorità libiche responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, in particolare la Guardia costiera libica (LCG) e la Direzione generale per la lotta alla migrazione illegale (DCIM) all’interno del Ministero degli Interni, con l’obiettivo di aumentare la loro capacità di affrontare i contrabbandieri, effettuare operazioni di ricerca e soccorso, prevenire partenze irregolari. La politica ha successo: il numero di arrivi in Italia è diminuito del 67% tra luglio e novembre 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e le morti in mare si sono ridotte in misura proporzionale”.
Gentiloni: “finalmente si sono accesi riflettori sulla situazione dei diritti umani in Libia: è merito nostro, non di qualcuno che ora racconta queste cose come se fosse una realtà imprevedibile”.
Amnesty: “Rifugiati e migranti in Libia sono esposti a orrende violazioni dei diritti umani, un paese in cui le istituzioni sono state indebolite da anni di conflitto e divisione politica… Questo sistema, che si presta perfettamente a pratiche corruttive, ha spianato la strada a violenze orribili perpetrate nei luoghi di detenzione, in cui rifugiati e migranti sono alla mercé di autorità, milizie e gruppi armati, che spesso lavorano senza problemi con i contrabbandieri per un guadagno finanziario… La mancanza di una supervisione giudiziaria del processo di detenzione e la quasi totale impunità con cui operano i funzionari, ha facilitato l’istituzionalizzazione della tortura e altri maltrattamenti nei centri di detenzione“.
Dal linguaggio criptico alle realtà parallele
Chi ha una certa età ricorderà il linguaggio criptico degli uomini politici italiani durante la prima repubblica. Famosa fu l’espressione ossimoro di Aldo Moro: le “convergenze parallele”. Era un modo per non farsi capire dalla gente. Dagli anni novanta in poi, dopo la caduta dei muri, con l’avvento di Berlusconi al potere, è stata inaugurata una nuova stagione semantica, quella delle “realtà parallele”. Non è importante ciò che si dice ma come lo si dice, approccio ereditato dal marketing. In vent’anni si è passati da “un milione di posti di lavoro“ all’“aiutiamoli a casa loro“, fino ad arrivare alle attuali girandole narrative. Tanto nessun “giornalista” mainstream, a livello pubblico, porrà mai una questione critica: il sistema è coperto.
Ma se le realtà parallele costituiscono la più grande invenzione della politica italiana degli ultimi anni, c’è da dire che la menzogna, la manipolazione sono entrate a pieno regime nello stile dell’informazione italiana. Dai casi più estremi degli “uffici stampa e propaganda Mediaset”, vedi “Libero”, “Il Giornale” e tutti i loro network, ai mezzi d’informazione mainstream cosiddetti indipendenti, che trasformano “i fatti in fatti loro”. Ed è proprio questo il sistema di produzione delle informazioni nel quale è maturato il fenomeno delle fake news sul web, che diventa semplicemente la punta di un iceberg, in cui è cresciuta la manipolazione dell’informazione propria al sistema di potere.
La rete di collusioni
La rete di collusioni ha “edificato” un redditizio business: dal commercio di esseri umani con gli scafisti, alla riduzione in schiavitù o la conseguente vendita anche a soggetti terzi. Una rete costituita da tre principali attori presenti sul territorio. Da un lato vi sono i funzionari del DCIM, la divisione del ministero degli interni libico, istituita nel 2012, funzionale alla gestione dei flussi migratori nel dopo Gheddafi, quella che in Italia fu definita “Emergenza Nord Africa”. Poi vi sono i funzionari LCG, cioè la Guardia Costiera Libica, addestrata e finanziata dall’Italia. Infine vi sono i clan che controllano il territorio.
“I funzionari della DCIM incaricati di gestire e custodire i centri di detenzione sono spesso coinvolti direttamente nelle torture e nei maltrattamenti di rifugiati e migranti, per estorcere un riscatto a loro o alle famiglie per la liberazione dalla detenzione arbitraria indefinita“.
“Le collusioni tra LCG e i contrabbandieri sono spesso descritte dai migranti intervistati da Amnesty International. Esse consistono principalmente nel fatto che la LCG consente alle barche di partire in cambio di una tassa: la LCG può scortare una o più barche che lasciano la costa; oppure possono lasciarli passare, dopo averli intercettati in mare, se contrassegnati con un simbolo concordato, il quale indica alla LCG che il pagamento è stato effettuato; o possono lasciarli passare quando quelli a bordo confermano il pagamento della quota di passaggio e il nome del contrabbandiere che ha organizzato il viaggio”.
Occorre ricordare che in Libia in questo momento non esiste né legge né autorità costituita. I due governi, con i rispettivi parlamenti e differenti appoggi internazionali, quello di Tripoli con al Sarraj e quello di Tobruk con il generale Ḥaftar, si contendono il controllo del territorio insieme all’Isis, a 140 tribù e 230 milizie.
Il Clan finanziato dal governo italiano, con 5 milioni di euro, per impedire le partenze dei migranti e farli rinchiudere nei lager, gestiti sia dal governo di Tripoli che dai miliziani, si chiama Dabashi, appartenente al Consiglio militare di Sabratha, cioè la località da cui si organizzano i viaggi. I suoi affari, oltre a quello dei migranti, sono legati al contrabbando di carburante e droga.
La magistratura italiana silente
“Sono privati di cibo e acqua, sono esposti a trattamenti non dignitosi, compresa la ricerca di somme di denaro nascoste, da confiscare. Alcuni hanno detto di essere stati costretti a chiamare le loro famiglie mentre le guardie li torturavano per costringere i parenti a pagare il loro rilascio. Altri hanno detto di aver avuto la possibilità di parlare con un mediatore, il quale avrebbe pagato i funzionari DCIM per il loro rilascio, per poi e passarli ai contrabbandieri per la partenza via mare, una volta pagato il debito. Al momento del rilascio dalla detenzione, il rifugiato o il migrante rimane senza soldi, senza oggetti personali inclusi i documenti di identificazione o il passaporto, lasciandoli nuovamente a rischio di detenzione o alla prigionia”.
I dati sono impressionanti: negli ultimi tre anni, mezzo milione di persone hanno attraversato il Mediterraneo, oltre 100mila sono morti e un altro mezzo milione è trattenuto in Libia. Oltre il 60 per cento proviene dall’Africa sub sahariana, quindi potenzialmente beneficiari di protezione internazionale, mentre solo 44.306 sono registrati come richiedenti o rifugiati, il 32 per cento proviene dal Nord Africa, e il 7 per cento da Asia e Medio Oriente.
Ma allora, dato che le cose stanno così, la magistratura italiana se ha notizie di reati, non avrebbe il dovere di intervenire contro le azioni del governo italiano? Strano che si sia attivata soltanto per fermare le Ong in mare, per poi non riuscire a trovare nessun crimine…