Tra speranza e disperazione la vita in Messico dei fuggitivi haitiani

I profughi haitiani costretti a fuggire dalle condizioni infernali del proprio paese si ritrovano in centro America con l’aspettativa di una salvezza resa difficile dal menefreghismo delle istituzioni messicane.

di Marco Marano

Bologna, 1 ottobre 2021 – Crisi politica e sanitaria, violenza, disastri ambientali, grave sofferenza alimentare, sono questi i caratteri che descrivono il paese che, insieme alle Filippine, può essere considerato uno dei più martoriati del mondo. Un luogo infernale è Haiti, il cui presidente è stato ucciso in luglio, e le ombre di questo assassinio cominciano a ricadere sul suo primo ministro… Poi il terremoto, che in agosto ha ucciso migliaia di persone. Così è  fuga…

Via dall’inferno

I profughi che si mettono in viaggio arrivano in Messico, passando prevalentemente dal Cile e dal Brasile. Dopo le scene di violenza poliziesca contro migliaia di haitiani proprio sul confine con gli Usa, con i poliziotti americani che a cavallo prendevano a frustate le persone in fuga, c’è da dire che non sempre e non necessariamente il loro intento è quello di arrivare negli Stati Uniti, come avviene per i fuggiaschi dei paesi limitrofi considerati “clandestini”: Honduras, El Salvador, Guatemala, Ecuador. La speranza per molti è quella di regolarizzare in Messico la loro posizione giuridica, e riuscire a trovare lì un lavoro: in questo momento ci sono 13000 richieste.

Seguendo una troupe del network di all news France 24, scopriamo come ogni giorno, davanti alla commissione giudicatrice di Città del Messico, per la protezione internazionale, si accalcano decine e decine di persone in attesa di essere “riconosciute”.

Il disinteresse delle istituzioni messicane

Numeri sempre crescenti che non trovano supporto da parte delle istituzioni locali, le quali sembrano disinteressarsi alla cosa, seguendo lo stesso spirito repressivo  inaugurato con gli accordi tra gli Stati Uniti di Trump e l‘ambiguo presidente messicano López Obrador, in relazione ai paesi di cui dicevamo in precedenza. Così, speranza e disperazione fanno da specchio alla vita sospesa di questa gente, costretta a vivere in modo molto precario in un paese che non li vuole.

L’unico supporto è il volontariato

Ad occuparsi dei rifugiati sono le organizzazioni di volontariato, come “La Casa di Tochan” che ospita nella loro struttura, la quale può contenere una trentina di persone, più del doppio della sua capienza per posto letto. Tutto questo considerato che il turn over della prima accoglienza non ha tempi certi vista la situazione di dissoluzione organizzativa del territorio messicano.

FONTE E CREDIT: France 24

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