In un rapporto pubblicato oggi vengono resi noti alcuni dati della violenta repressione poliziesca contro il popolo colombiano, trasformatosi anch’esso in “popolo terrorista”, poiché cerca di salvaguardare il diritto fondamentale a sopravvivere.
di Marco Marano
Bologna, 3 giugno 2021 – Trentasei giorni di rabbia, proteste, sangue e violenza. Trentasei giorni in cui 1248 persone hanno subito violenza fisica, in seguito alla repressione della Squadra mobile antisommossa (Esmad). Poi ci sono 1649 arresti arbitrari, 705 interventi violenti, 45 omicidi.
Sciopero e sangue
E’ questo il rapporto della Ong Tremos, pubblicato oggi, sulla repressione delle forze dell’ordine colombiane contro le proteste popolari, all’interno delle quali però non si capisce gli stupri della polizia in quale categoria rientrino.
Lo sciopero nazionale è stato innescato contro le politiche del presidente di destra Iván Duque, relativamente alla riforma fiscale che colpisce inesorabilmente le classi povere, contadine e urbane, con l’aumento dell’Iva e della tassazione sui redditi medio-bassi.
Verso la presa di Bogotà
La risposta è stata violenta contro le popolazioni ancestrali e contadine, con stato d’assedio e coprifuoco in quasi tutte le città. Negli incontri tra le organizzazioni di base ed il governo, quest’ultimo ha posto solo ed esclusivamente una questione: rimuovere i blocchi stradali.
C’è da dire che questi rappresentano l’unico strumento degli oppressi, in tutta l’America Latina, per ottenere il risultato di farsi ascoltare. Così perfino l’ex presidente Álvaro Uribe, maestro dell’attuale capo di stato, ha stimolato il suo ex pupillo ad avere ancora di più mano pesante sul popolo.
Il Comitato nazionale per la disoccupazione ha chiesto, data la situazione, una massiccia mobilitazione nella capitale colombiana per il prossimo 9 giugno, chiamata “presa di Bogotà”.
FONTE Telesur
Credit: EFE