di Marco Marano
Proprio quando il presidente salvadoregno annuncia che gli omicidi nel paese sono diminuiti, lo scorso fine settimana si sono consumati gli ennesimi espropri delle famiglie residenti nella zona rurale di San Julián. Ma la denuncia nascosta dei residenti è contro il governo neoliberista che manda le forze dell’ordine solo in caso di assassinio.
Bologna, 9 settembre 2020 – In assenza dello stato salvadoregno, le gang, nel 2020, hanno espropriato 32 gruppi familiari delle loro case e dei beni. Lo scorso fine settimana sembra sia stato paradigmatico per i cantoni di Peña Blanca e Palo Verde, nel comune di San Julián,questo perché l’organizzazione criminale MS-13, il cui capo è soprannominato El Chenga, ha allontanato con minacce e percosse le ultime tre famglie, che, in ordine temporale, compongono questa triste statistica.
Taglieggiati, minacciati e aggrediti
Rosa A. Viveva con la sua famiglia a Peña Blanca, possedeva un mulino e un negozio. Secondo le voci raccolte dai residenti, le estorsioni erano sempre più alte e con minacce e aggressioni continue nei confronti dei figli.
Sabato, Ronal, uno dei figli della donna, litigava con il boss, il quale gli puntava una pistola alla testa. Una scena che faceva impazzire Rosa, la quale si scagliava sul criminale posando un coltello sul suo addome, minacciando di tagliargli lo stomaco se non avesse lasciato il figlio. Dopo di che l’intera famiglia per paura di ritorsioni è scappata via lasciando i loro ricordi ed i loro beni nelle mani di El Chenga.
Il controllo sociale criminale del doppio Stato
El Chenga, come abbiamo visto, va in prima persona a minacciare ed aggredire i residenti di questi due cantoni, per estorsioni, quando va bene, ed espropri; ma ogni tanto ci scappa qualche morto, come in maggio… Un padre ed un figlio sono stati freddati, 66 e 36 anni, uno pensionato l’atro commesso, il primo ammazzato direttamente da El Chenga.
E’ un clima di terrore quello in cui tutti i residenti sono costretti a vivere. Tutti hanno voglia di denunciare ma nessuno ha il coraggio di metterci la faccia. Così, quando qualche giornalista locale cerca informazioni, tutti parlano di nascosto: “Se Chenga – osserva un residente al giornale “El Diario de Hoy” – si accorge che uno possiede una mandria o compra un carretto gli va subito a chiedere 200 o 300 dollari”.
C’è in questi luoghi un controllo sociale fittissimo, quasi come un “doppio Stato”, simile per certi aspetti al controllo mafioso dei territori del sud Italia. In questo caso però nelle aree rurali del paese le forze dell’ordine si fanno vedere solo se ci sono omicidi, come appunto denunciano sommesssamente i residenti. In quei casi si vanno a nascondere nelle cuevas, per poi uscire come topi appena polizia e militari vanno via.
Le pratiche diffuse dei regimi liberisti
E’ questa una pratica abbastanza diffusa nelle zone rurali dell’America Latina, con fenomenologie simili in Honduras e Colombia. In tutti i casi l’assenza sul territorio dello Stato e delle forze dell’ordine consente la formazione di realtà simili a quelle del Far West.
Nel caso salvadoregno c’è un presidente, Nayib Bukele, iperliberista, che tra una occupazione militare del parlamento e la narrazione che gli omicidi da quando c’è lui sono in diminuzione, si caratterizza per uno stile di comando autoritario e liberticida.
In tal senso gli espropri nelle terre latinoamericane sono proprio il prodotto di uno Stato che abdica al suo ruolo di garanzia per la sicurezza del proprio popolo.
FONTI: El Salvador
Immagine in evidenza: EDH/Jorge Reyes