di Marco Marano
In uno dei paesi più liberisti dell’America Latina, lo scontro il tra potere legale del Palazzo e quello criminale dei territori si effettua dentro il sistema penitenziario.
Bologna, 28 aprile 2020 – La paura pandemica non ferma la guerra in corso tra “i due governi” salvadoregni: quello legale, rappresentato dall’ultra destra del presidente Nayib Bukele e quello criminale delle gang che controllano i territori. In seguito ad una impressionante escalation di una settantina di omicidi, avvenuta nel fine settimana, in particolare i 20 casi di venerdì scorso, e secondo le indicazioni dell’intelligence salvadoregna, gli ordini sarebbero partiti dalle carceri. Così, il presidente ha deciso di bloccare le carceri con perquisizioni a tappeto e isolamento dei boss, senza nessuna garanzia relativa alle misure di distanziamento per la diffusione della pandemia.
La guerra in corso tra governo ufficiale e il potere delle gang
Solo questa estate, Trump, imponendo il piano liberticida, concordato con i paesi partner neoliberisti dell’America latina, per fermare i flussi dei migranti negli Stati Uniti, dichiarava El Salvador, paese sicuro. Questo per accogliere i migranti che si spostano dal Guatemala o dall’Honduras, paesi che hanno problematiche molto simili, visto che i territori sono direttamente nelle mani delle gang.
Si, perché il “potenziale di fuoco” delle gang può essere misurato unicamente dalla presenza della stessa sui territori, e gli omicidi esprimono la migliore rappresentazione di azione territoriale. Occorre infatti specificare che “in questo paese sicuro” la maggior parte degli omicidi del fine settimana non hanno riguardato la criminalità, con faide o vendette trasversali. Sono stati colpiti normali cittadini, che vivono quotidianamente di vessazioni: dal pizzo nei negozi in poi…
Dalle informazioni che in questi giorni hanno fatto da sponda nel paese, con le analisi dei criminologi e degli esperti, quello che sembra chiaro è che, dopo quasi due mesi di quarantena per la pandemia e pochissimi fatti criminosi, e 11 mesi da quando vi è stata l’ultima concatenazione di omicidi seriali, questa impennata improvvisa rappresenta un messaggio da parte dei boss che stanno in galera, al fine di avere dei benefici per la loro situazione.
Quel fatto strano
Ma c’è un fatto strano. Sembra cioè che in alcune di questi istituti di pena, dove sono rinchiusi i boss, siano stati fatti uscire dei carcerati, in seguito al coronavirus, che avrebbero trasferito ordini alle gang in strada. Le autorità non hanno voluto chiarire quest’aspetto che ha degli ampi margini di ambiguità.
Il direttore generale dei centri penali salvadoregni ha disposto ieri misure eccezionali che possono essere sintetizzate in due interventi: perquisizioni a tappeto per cercare dei risconti possibili con quello che è successo nel fine settimana, e isolamento dei boss. Nel primo caso si cercano quelli che in Sicilia vengono chiamati “pizzini”, cioè ordini scritti a mano. Poi, non esistendo carceri di massima sicurezza dove è previsto l’isolamento, sono stati individuati settori degli stessi istituti penitenziari, dove fare dei lavori di ristrutturazione per sigillare le celle. Questo al fine di separare soldati e boss delle gang per impedire lo scambio di informazioni.
FONTI: Al Jazeera, El Salvador
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