di Marco Marano
Iniziamo un viaggio attraverso i meccanismi che dal 2015 hanno determinato il sovvertimento delle tradizionali democrazie europee, e più in generale occidentali, in post-democrazie, insieme all’inabissamento dei governi progressisti latinoamericani, che ha generato lo stesso effetto.
Bologna, 1 agosto 2018 – Il 2015 è l’anno di svolta del processo di passaggio delle democrazie occidentali in post-democrazie. E’ l’apice della guerra in Siria, tale da provocare l’esodo massiccio dei rifugiati in Europa, al punto da inaugurare la narrazione dell’invasione. Un apice che innesca i meccanismi di sfaldamento dell’Unione europea, all’interno del quale le variegate realtà nazionali si riposizionano, sia culturalmente che politicamente.
L’inizio della fine
E’ l’anno dell’affermazione del cosiddetto “sovranismo”, che all’indomani della crisi economica europea, grazie al riemergere dei movimenti fascisti o neofascisti, individuano nei processi migratori il “nuovo nemico” che l’Europa ha il dovere di combattere…
In tal senso, la fragilità della situazione storica è connotata dalla sfiducia dei popoli continentali nei confronti della governance europea, rappresentata dalla troika: Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale.
Questo perché tali organismi internazionali, e quindi sovranazionali, hanno imposto, per rientrare economicamente dalla crisi, politiche così restrittive, al punto da cambiare la visione del futuro da parte dei cittadini europei: il fantasma è diventato il caso greco, che ha terrorizzato i popoli continentali.
L’Europa non è dei popoli
Se gli organismi internazionali hanno in qualche modo scoperto le carte, chiarendo che gli interessi in gioco non erano configurabili con la salvaguardia dei popoli ma con quella delle oligarchie economiche e finanziarie, l’esplosione dei processi migratori ha in qualche modo aperto una prateria in relazione alle dinamiche del consenso.
Il sovranismo, cioè l’idea che le singole nazioni debbano chiudersi al mondo, innalzando quelle frontiere abbassate dalla globalizzazione economica, da un lato, ma anche dai patti europei degli anni novanta, dall’altro, si è facilmente trasformato in odio per chi viene da “laggiù”…
Il paradosso è che la globalizzazione delle merci ha promosso un modello di società dove la monetarizzazione dei processi sociali ha sostituito il legame sociale… In questo scenario la massificazione degli affari legati alle armi ha fomentato guerre e disastri proprio in quei paesi da cui la gente fugge… Poi ci sono gli affari legati alle risorse naturali cosa che ha determinato una sorta di nuovo colonialismo, con la benevolenza di dittatori spietati, che si fanno chiamare presidenti, tramandandosi il potere per generazioni, o acquisendolo grazie al sistema militare… La vicenda dell’Egitto di Al-Sisi ne è la rappresentazione plastica, al punto che per salvaguardare gli affari italiani si è sacrificata la verità su Giulio Regeni…
Ma ci sono altre vicende di dittature come l’Eritrea o l’Etiopia o il Niger o la Nigeria, per non parlare della Libia, il Congo, ecc… che vedono i paesi europei, con l’Italia in testa, stendere accordi e patti antimigrazioni, prima con il piglio della sicurezza, poi con la grottesca motivazione dell’aiutiamoli a casa loro, finanziando “i vari Totò Riina” che stanno al potere, permettendogli di usare questi danari nei loro conti off-shore.
Ma intanto cresce l’odio verso il nemico migrante, massimo ribaltamento del sistema di significazione… Odio verso il nemico da combattere, tipico della sottocultura fascista: c’e un NOI e c’è un LORO, quindi o noi o loro…
Attraverso questo meccanismo mistificatorio, in molti paesi europei si sono riaffacciate le organizzazioni di estrema destra e neofasciste che sono riuscite a consolidare serbatoi di consenso, che gli stessi partiti tradizionali, dalla destra alla sinistra, hanno rincorso.
L’eterogenesi dei fini nella cultura liberale
Questo elemento ha accentuato l’eterogenesi dei fini nella cultura liberale e libertaria tipica della tradizione europea, la medesima da cui sono nate le costituzioni nazionali, all’indomani della rivoluzione francese, a cui l’Europa fa riferimento.
In tal senso possiamo parlare di “ribaltamento dei sistemi di significazione della civiltà alfabeta”. In realtà non è la prima volta che tale ribaltamento viene storicamente innescato. Infatti questa espressione fu coniata dal massmediologo Marshall McLuhan per definire gli effetti della propaganda nazionalsocialista, architettata da Joseph Goebbels, durante gli anni trenta.
A quell’epoca ciò fu possibile soprattutto per il fatto che i tre principali mezzi di comunicazione di massa, stampa, radio e cinema, erano univocamente in mano al regime. Soprattutto la funzione della radio ebbe un’importanza sostanziale nel ribaltamento dei significati, nella costruzione dell’ingegnere delle anime che poi era l’uomo del destino: Adolf Hitler…
Ma oggi tale ribaltamento com’è stato possibile, in una società della comunicazione massificata, dove tutto è comunicabile al punto da annientare la linea di separazione tra spazio pubblico e spazio privato…?
Una delle leggi fondamentali della Communication Research ci dice che il surplus di informazioni genera disinformazione: la pioggia di informazioni, spesso inventate, attraverso la moltiplicazione dei media di massa ma anche dei nuovi sistemi di comunicazione massificata legati al web, determina caos sociale che se direzionato, in una situazione di anomia sociale, cioè assenza di norme sociali condivise, come quella che stiamo vivendo in questo tempo storico, può essere deflagrante…
Migrazioni, media e potere
Se questo è un paradigma decisivo per comprendere il ribaltamento dei significati, non basta a spiegare come questo abbia potuto imporsi nel giro di pochi anni. In tal senso in aiuto ci viene il giornalista anglosassone Daniel Trilling, collaboratore del quotidiano The Guardian, il quale ha elaborato una ricerca dal titolo: “Lights in the Distance: Exile and Refuge at the Borders of Europe”.
Dice Trilling: “I termini che circondano la migrazione sono indissolubilmente legati al Potere, così come il modo in cui le nostre organizzazioni mediatiche scelgono di diffonderli (…) L’effetto, troppo spesso, era di inquadrare queste persone appena arrivate come altre, gente di “laggiù”, che aveva poco a che fare con l’Europa stessa perché estranea, persino antagonista, alle sue tradizioni e cultura”.
Trilling ci dice che le stesse testate giornalistiche di tradizione liberale hanno seguito la stereotipia sovranista ribaltando il sistema di significazione della tradizione culturale europea: “Lo spostamento (migrazione ndr) non è solo una caratteristica della vita delle persone provenienti da altre parti del mondo; è stata anche una parte importante e recente della storia dell’Europa. E ciò che ha mantenuto in vita le persone, ciò che ha preservato le tradizioni e permesso alle persone di costruire identità e realizzare il loro potenziale, è la solidarietà: il desiderio di difendersi l’un l’altro e di lavorare verso obiettivi comuni”.
E ancora: “Se arriviamo a vedere la cultura in questo modo – come qualcosa di fisso e strettamente limitato dalle ideologie della razza e della religione, o come mezzo per le parti ricche del mondo per difendere i loro privilegi – allora siamo diretti verso ulteriori, maggiori disastri. L’ironia è che puoi credere in questa visione solo se ignori non solo la storia dell’Europa, ma anche il suo presente”.
La verità ed il suo contrario
E già il suo presente. Ma a quale presente fa riferimento Daniel Trilling?
“L’Europa ha svolto un ruolo chiave, storicamente, nella formazione di un mondo in cui il potere e la ricchezza sono distribuiti in modo diseguale e le potenze europee continuano a perseguire politiche di commercio di armi che hanno contribuito a causare i conflitti e l’instabilità da cui molte persone fuggono (…) Movimento, scambio, nuove connessioni, creazione e rifacimento della tradizione: queste cose stanno accadendo intorno a noi e coinvolgono già persone che sono state attratte qui da altre parti del mondo da legami non solo di conflitto ma di economia, storia, lingua e tecnologia”.
Ma il paradigma legato al ribaltamento del sistema di significazione non è il solo che caratterizza questo tempo storico. Gli altri due possono essere rappresentati nella affermazioni di leggi liberticide che aggirano i dettati costituzionali e in un sistemi corruttivi nazionali strutturati. Con questi due paradigmi si entra in pieno nell’epoca delle post-democrazie.
Continua…
FONTE: The Guadian
Immagine in evidenza: una barca pericolosamente sovraccarica di rifugiati attracca vicino a Molyvos sull’isola greca di Lesbo_luglio 2015_ Fotografia_ Jillian Edelstein