Tratto da Blasting News
di Marco Marano
L’esplosione si è verificata in un villaggio poco distante dalla città siriana strappata all’Isis dalle milizie filo-turche.
Bologna, 24 febbraio 2017 – Risale a ieri l’annuncio delle milizie filo-turche che l’assedio di al-Bab, nel governatorato a nord di Aleppo, si era concluso con la definitiva presa della città e fuga dei jihadisti. Nella mattinata di oggi è arrivata invece la doccia fredda a causa dell’azione suicida, con l’esplosione di un’#auto-bomba, che ha provocato 45 morti e una settantina di feriti. Era il posto di blocco, nel villaggio di Souisan, a nord-ovest, distante una decina di chilometri dalla città, presidiato dai combattenti dell’Esercito Libero Siriano, il gruppo militare vicino all’esercito regolare turco.
Colpiti i civili pronti a rientrare in città
Le notizie arrivate durante la mattina di oggi parlavano di 29 morti, ma secondo al-Jazeera, che al confine con la Turchia ha un suo corrispondente, il numero è appunto quasi il doppio. La gran parte di vittime sono civili, poiché attorno a quel posto di blocco c’erano tantissime famiglie pronte a rientrare, dopo essere fuggite a causa dell’occupazione dell’Isis.
La città in realtà allo stato attuale non è affatto sicura poiché ci sono ancora cellule di jihadisti sia dentro che attorno al centro urbano. Per non parlare delle mine antiuomo che l’Isis usa disseminare quando subisce un attacco. Ma le famiglie hanno la necessità di riprendere in mano la loro quotidianità, per cui quando la notizia della disfatta dell’Isis si è propagata tantissimi civili si sono premurati a chiedere di poter rientrare. Così un kamikaze jihadista ha potuto approfittare di questa situazione per colpire.
Tutti contro l’Isis, ma non tutti contro Assad
Tra l’altro dentro #al-Bab è in corso un “contenzioso” di carattere militare tra la Turchia e l’esercito regolare di Assad, il quale preme a sud per entrare in città, area controllata anche dalla Russia. Il punto è che le milizie filo-turche sono nemiche di Assad: lo vorrebbero defenestrare dal potere. Questa era anche la prima posizione del presidente turco Erdogan. Poi al negoziato di Astana Putin convinse il “presidente-sultano” a riconoscere il dittatore siriano come legittimo rappresentante del potere. Ma una volta che gli eserciti di Turchia e #Siria si sono trovati su al-Bab, i miliziani dell’ELS hanno promesso battaglia contro l’esercito di Assad. La situazione è stata stoppata dalla Russia, il principale alleato della Siria insieme all’Iran, che in un primo momento era riuscita a far accettare il fatto che l’esercito regolare siriano potesse entrare su al-Bab, ma adesso non è più sicuro.
I cattivi presagi del negoziato di Ginevra
La città, per i piani di Erdogan sul controllo della Siria del Nord, al fine di impedire la crescita dell’autonomia kurda del Rojava, è di fondamentale importanza, e le milizie a lui fedeli hanno condotto sei anni di guerra con lo scopo principale di abbattere il sistema di potere di Assad. Per adesso non sembra che Damasco stia assumendo una qualche iniziativa rispetto a quello che sta succedendo ad al-Bab, ma questo sol perché proprio ieri sono iniziati i negoziati a Ginevra tra il governo siriano e le opposizioni, mediati dal rappresentante delle Nazioni Unite Steffan De Mistura. E già dall’inizio non è sembrato uscire niente di concreto che possa definire una mediazione tra le parti.