di Marco Marano
La settimana che si chiude ha visto degli eventi che incrociandosi hanno determinato l’inizio di un processo di disintegrazione europea.
Bologna – Come da previsioni la destra xenofoba e nazionalista si è imposta alle elezioni legislative in Polonia. Il partito Diritto e Giustizia vince con il 39,1 per cento, e la designata alla funzione di premier Beata Szydlo di 52 anni, può esultare, dopo una campagna elettorale fondata sui temi di contrasto ai migranti e alla vicina Germania, vista come il male assoluto, in quanto leader di una Europa a cui contrapporsi.
La consorteria nazionalista polacca
Il primo ministro uscente, un’altra donna, Ewa Kopacz, di Piattaforma civica, si è attestata al 23,4 per cento. La Szydlo sarebbe in grado di formare un governo con l’appoggio del terzo partito competitore, Kukiz’15, che ha preso il nome dal suo fondatore Pawel Kukiz, un ex cantante rock ultra-nzionalista, il quale ha ricevuto il 9 per cento dei suffragi. Sotto la soglia di sbarramento dell’8 per cento, per la Camera Bassa, sono rimasti tutti i partiti di sinistra, nati nell’89 dopo la caduta dei muri.
Beta Szydlo Si è laureata in Etnografia a Cracovia, è stata, tra il ’98 e il 2005, sindachessa di Brzeszcze, una cittadina rurale del sud, nel distretto di Oświęcim, il cosidetto voivodato della Piccola Polonia. Due volte parlamentare e vicepresidente del partito Diritto e Giustizia, quello capeggiato dai due gemelli Jaroslaw e Lech Kaczynski, in uno stranissimo caso di nepotismo istituzionale, quest’ultimo morto nel 2010 in un incidente aereo. Ed è stato Jaroslaw Kaczynski a candidare la Szydlo a premier per queste elezioni. Ambedue nazionalisti convinti, al punto da individuare come centrale il ruolo dello stato in economia.
L’elemento particolare che li contraddistingue, e che ha caratterizzato la campagna elettorale, è proprio quello legato ai processi migratori, per quanto la Polonia non è stata investita in modo particolare dal fenomeno che sta colpendo l’Europa: fino ad adesso sono stati ospitati 200 siriani cristiani, grazie all’azione di una fondazione. Ma la propaganda del terrore, su cui l’attuale partito di opposizione, ha voluto puntare, è arrivata a livelli parossistici…
Sindrome Islam
La sindrome dell’islamizzazione, tema caro a Viktor Orban, il dittatore bianco ungherese, come a tutte le organizzazioni legate al nuovo fascismo, è stato incentrato sui temi di natura puramente razziale.
La teoria è che attraverso i processi migratori potrebbero nascere problemi legati alla salute pubblica dei cittadini, con il diffondersi di epidemie come il colera, diffuso dai rifugiati nelle isole greche, e la dissenteria di cui è stata investita la città di Vienna. “Oggi, i polacchi sono soprattutto preoccupati per la loro sicurezza”, continua a ripetere la Szydlo, per cui l’ex sindachessa ripropone la stessa ricetta, che non ha nessun significato di senso dal punto di vista geo-politico, e che viene sbandierata solo a fini manipolatori: “aiutare i profughi nei loro paesi…”
Intanto a causa dei muri di filo spinato eretti nei confini tra Ungheria, Serbia e Croazia, in Slovenia continuano a riversarsi migliaia e migliaia di rifugiati, per un conteggio complessivo delle ultime due settimane di 100.000 persone. Numeri ben superiori a quelli che in settembre hanno raggiunto l’Ungheria.
Gran parte di questi rifugiati sono scappati dalla recrudescenza dei combattimenti in Siria, a causa soprattutto dei bombardamenti russi per la riconquista di Aleppo… L’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, denuncia che con l’arrivo del freddo invernale le lente procedure e l’assenza di centri di accoglienza produrranno problemi non da poco, dal punto di vista umanitario.
Il ministro degli Interni sloveno Vesna Györkös Žnidarha ha accusato l’Unione Europea di non intervenire in Grecia, poichè è da lì che i rifugiati arrivano in modo incontrollato. Quindi ha chiesto aiuti economici, confortato dalla Commissione Europea, che gli ha promesso supporto tecnico e più denaro.
Abbiamo dato conto in questi giorni della dichiarazione del capo dell’agenzia dei diritti umani dell’Onu Zeid Raad al-Hussein, che ha accusato la Repubblica Ceca di sistematiche violazioni dei diritti umani ai danni dei rifugiati, durante i 90 giorni di “accoglienza/reclusione”, prima del normale disbrigo delle procedure di richiesta asilo.
I rifugiati vengono trattenuti, infatti, così a lungo per poter pagare la loro stessa detenzione, cioè queste strutture sottrarrebbero una decina di euro al giorno, destinati ai migranti, per fare cassa. A ciò si aggiunga la storia del centro per rifugiati di Bamberg in Baviera. In effetti quello che è successo in Baviera è soltanto l’ultimo degli eventi dello stesso genere successi in varie parti della Germania, per opera dei neo-nazisti, che danno fuoco ai centri di accoglienza.
I neonazisti cechi
La sintesi di queste due situazioni la si ritrova per la festa nazionale della Repubblica Ceca, per l’indipendenza dall’Impero austro-ungarico. Manifestanti neo-nazisti sono scesi nelle strade di molte città, lanciando slogan razzisti contro i rifugiati e le politiche dell’Unione Europea, in nome di una sorta di difesa della razza nazionale. L’elemento confortante è che a questi cortei, in quasi tutte le città, se ne sono contrapposti altri in favore dell’accoglienza, e la polizia ha dovuto lavorare per tenerli separati.
Alla manifestazione di Praga ha partecipato Lutz Bachmann, leader della formazione anti-islamica tedesca Pegida, proprio quelli che hanno bruciato vari centri di accoglienza, generando il clima che ha portato al ferimento, il giorno prima della scadenza elettorale, la sindachessa di Colonia, per la sua apertura nei confronti del tema accoglienza.
Ecco la dichiarazione delirante di Bachmann durante la manifestazione di Praga:”Tutti i patrioti europei devono cooperare ora per essere in grado di affrontare questa minaccia. Siamo forti e riusciremo “.
Poi c’è Gaziantep, una città turca della regione dell’Anatolia sud orientale, proprio al confine con la Siria. E’ lì che che ha creato il proprio quartier generale un Forum di 47 organizzazioni non governative, tra cui Human Rights Watch. Da lì è stato diramato un inquietante comunicato, fatto pervenire alle agenzie di stampa, dove si denuncia che l’offensiva in Siria degli eserciti pro Assad, sia di terra, ma soprattutto aerea, guidata dalla Russia, colpisce ripetutamente “bersagli” civili.
Questo ha prodotto l’ingigantirsi di un esodo di circa 130.000 persone, che stanno cercando di fuggire per mettersi in salvo dai bombardamenti, proprio quelli che arrivano ogni giorno al confine sloveno.
«I raid continuano a prender di mira aree dove c’è un’altra concentrazione di civili. Scuole, ospedali e mercati sono a rischio… Nei giorni scorsi sono stati colpiti centri sanitari che lavorano grazie al sostegno delle Ong locali… I combattimenti sul terreno hanno causato nuovi rischi per i civili, destabilizzando zone che erano state relativamente stabili e sicure. Questa nuova realtà ha costretto almeno 129mila civili a fuggire da Aleppo, Idlib e Hama… Ci sono civili rimasti intrappolati nelle città di Aleppo e Homs. E numerose Ong hanno dovuto sospendere le loro attività».
Via dalla Siria
Nella sola Aleppo, città cardine della strategia offensiva russa, nei giorni scorsi il Coordinamento umanitario dell’ONU (OCHA), ma anche fonti mediche, individuavano un numero variabile tra 50 e 70 mila persone in fuga, dalla zona sud della città.
Una singolare drammaturgia legata al gioco delle parti viene imbastita a livello internazionale… C’è il Cremlino che continua nelle sue smentite che non smentiscono, accusando Human Rights Watch di manipolare la realtà, come se fosse un soggetto politico, parte in causa nella guerra siriana. Così dichiarava il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, alle agenzie di stampa: «Conosciamo un gran numero di rapporti, notizie infondate, informazioni intenzionalmente fatte trapelare ai media sulle, per così dire, conseguenze dei raid aerei russi».
Poi l’incontro a Damasco sulle trattative per la transizione del paese, tra Assad ed il Ministro degli esteri dell’Oman, Yusuf bin Alawi, attuale mediatore in quanto unico alleato degli USA che mantiene buoni rapporti con l’Iran. In questa sede il dittatore siriano ha dichiarato che l’ipotesi di elezioni saranno possibili solo dopo aver sconfitto il terrorismo, senza specificare se per terrorismo s’intende l’Isis o anche i gruppi che combattono sul territorio, come le Forze Democratiche Siriane, un cartello di 13 organizzazioni, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto un documento, dove si sottolinea che la lotta contro Assad è finalizzata alla costruzione di una Siria democratica: «…Questo passo in avanti verso la democrazia permetterà l’unità democratica di tutti i popoli siriani sulla base della libertà delle donne. Il nostro obiettivo fondamentale è la fondazione della Siria democratica».
Ma c’è stato anche il minivertice di domenica a Bruxelles, tra la Commissione europea e gli undici paesi interessati alla rotta balcanica, otto membri UE, dalla Grecia alla Germania, e tre candidati, come Macedonia, Serbia, e Albania. Da questo incontro è uscito un documento di 17 punti, in cui da un lato si afferma la necessità del trattamento umano da riservare ai rifugiati, in linea con la convenzione di Ginevra e i trattati internazionali, dall’altro però si accentuano gli elementi di tipo “securitario”, stabilendo misure restrittive, e giocando ancora sull’equivoco di differenziare chi ha diritto all’asilo e chi no, come se il fenomeno epocale della guerra in Siria riguardasse anche i cosiddetti “migranti economici”.
E’ stata fissata la designazione di “punti di contatto” nazionali, che dovranno comunicare sul numero di migranti che arrivano e partono. Inoltre, le persone non registrate, non potranno avere diritto all’accoglienza. E ancora, rientra in scena Frontex, l’agenzia dell’UE che da sempre rappresenta la logica della Fortezza, con una dichiarazione emblematica del premier croato Zoran Milanovic: «Abbiamo concordato che Frontex debba arrivare alla frontiera tra Croazia e Serbia, a guardia dei confini esterni dell’Unione europea. Ciò dovrebbe, in teoria, rallentare il flusso delle persone perché imporrebbe una procedura d’ingresso più rigorosa. Ovviamente, ciò presumendo che il sistema funzioni, dalla Grecia alla Macedonia e in Serbia».
L’inchiesta del Washington Post
Una inchiesta del Washington Post ha anticipato la notizia che il governo statunitense sta mettendo in atto l’ipotesi di inviare truppe di terra in Siria. Le fonti del giornale erano direttamente collegate ai consiglieri della sicurezza nazionale, che trovandosi a constatare la situazione di stallo del conflitto, hanno fatto pressione nei confronti del presidente Obama, per un cambio di strategia. E’ presumibile pensare che questo possa essere stato anche dovuto al ruolo giocato dalla Russia in favore del dittatore Assad.
Così è arriva la risposta dell’Austria, in seguito al vertice di Bruxelles dei paesi interessati alla rotta balcanica, che ha annunciato di predisporre un sistema di controlli alla frontiera, finalizzato a rallentare il flusso migratorio.
La dichiarazione ad Euronews del Ministro dell’Interno austriaca Johanna Mikl-Leitner è davvero significativa: “Non costruiremo di certo un muro dall’Ungheria fino alla Slovenia e all’Austria. È un’utopia realizzare una barriera di 700 chilometri. Ma dobbiamo essere pronti, da ogni parte dei passaggi di frontiera, e stiamo pianificando la costruzione di strutture che possano garantire un accesso controllato”.
Intanto la minaccia di nuovi muri di filo spinato passa dalla bocca di questo o quel capo di governo o ministro dei paesi posti sulla rotta balcanica, con il Presidente della Commissione Europea Junker che smentisce: “nell’Unione non c’è spazio per barriere”. Questo gioco ipocrita delle dichiarazioni e delle smentite continua poi nelle parole del primo ministro sloveno, che afferma, di non voler erigere muri, ma di essere pronti a porre misure idonee, magari di tipo militare, per ostacolare l’accesso al confine con la Croazia.
E così è stato. Ma le ultime immagini di uomini, donne e bambini che sfondano gli accessi controllati in Austria spiegano che ormai la situazione all’Europa é scappata dalle mani…
Credit ANSA