A Bologna rinasce una generazione ingovernabile

dal ’77 al ‘17

Si riaccende il movimento studentesco sotto le due torri, stigmatizzato dai poteri cittadini come criminogeno e isolato. Ma la realtà sembra un’altra.

di Marco Marano

Bologna, 18 febbraio 2017 – Da lontano piazza Verdi sembra rinata dall’arba fenice di quello che fu un passato di quarant’anni fa. L’accostamento al movimento del 77 è inevitabile, anche se le due cose sono profondamente diverse, a causa delle grandi differenze con il modello sociale dell’epoca. E non potrebbe essere diversamente. Ma si sà che ogni qual volta una protesta studentesca si fa sentire a livello nazionale le assonanze col passato diventano inevitabili.

 

 A_mov_1_bisLa piazza è stracolma, non ci sono quei quattro gatti di cui i giornali mainstream hanno parlato. Non sembrano affatto pochi isolati e velleitari giovani delinquenti questi ragazzi del Collettivo Universitario Autonomo. Pressappoco così li aveva apostrofati il Sindaco di Bologna Virginio Merola. Del resto l’assemblea del giorno prima ha visto la partecipazione di un migliaio di studenti stipati in due aule. E la raccolta di firme contro di loro avviata su internet e promossa dal PD non sembra scalfire le motivazioni a stare in quella piazza.

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Sono tanti, e non sembrano per niente isolati. Quando il corteo si allungherà per le strade del centro, abbiamo scoperto che c’erano circa duemila persone a manifestare in modo pacifico… Sono arrabbiati per quello che succede in città, una rabbia questa si che non conosce età. Tra sguardi assorti e visi distesi, quelli di una generazione che dal disincanto sta passando alla consapevolezza di essere carne da macello, affrontano la giornata di lotta, convocata il 16 febbraio, come una grande festa di libertà. E lo vogliono affermare con una forte presa di coscienza: i loro diritti vengono prima di tutto!

 A_mov_3_bisChi l’avrebbe detto che in una società come quella italiana anestetizzata e annichilita dai valori dell’arricchimento a tutti i costi e in una città come Bologna, simbolo di una borghesia grassa, china sui propri privilegi, potesse germogliare una nuova generazione di ragazzi che si riappropriano dei valori della sinistra. Quella vera, quella collettivista, che individuare semplicemente come antagonista, senza contestualizzarne i contorni, sarebbe riduttivo. E in questo viaggio di due ore che abbiamo fatto insieme a loro, abbiamo capito perché…

 A_mov_12_bisMa prima di parlare delle motivazioni che hanno innescato la protesta di questi giorni, scorgiamo due figure simboliche anche queste senza tempo, che hanno radici in tutte le epoche in cui ha imperversato la contestazione giovanile, da Berkeley in poi. Da un lato c’è la Maschera del Potere, dall’altro c’è la Generazione ingovernabile.

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La prima possiede tre facce precise, dentro una sorta moderno Leviatano: il rettore, il sindaco, il questore. Un mostro hobbesiano che è tale poiché mosso da una cultura del potere di tipo neoliberista. C’è quindi un livello di antagonismo nei confronti del sistema locale, quale prodotto però di una “mostruosa” deriva sociale ed economica che coinvolge la “privatizzazione” degli spazi pubblici in Europa. In tal senso esistono gli stessi elementi che connotano la protesta del movimento Nuit Debut in Francia. C’è una definizione che non riusciamo a fare a meno di citare in questi casi e riguarda   il filosofo Jacques Rancière, autore del “Maestro ignorante” e del “Disaccord”, punto di riferimento del movimento francese :“… noi siamo ora al termine di una grande offensiva che alcuni definiscono neo-liberale e che io chiamerei piuttosto offensiva del capitalismo assoluto, che tende alla privatizzazione di tutti i rapporti sociali e alla distruzione degli spazi collettivi in cui due mondi si affrontavano. Contro questa privatizzazione e individualizzazione è nato un desiderio un po’ astratto di comunità, che ha trovato, per materializzarsi, l’ultimo luogo disponibile, la strada…”

 A_mov_5_bisQuesto Leviatano contemporaneo, il controllo del Potere, lo gestisce attraverso una dottrina, quella della sicurezza. Perché attraverso di essa è possibile legittimare il Potere medesimo: «La gente è stanca di un sindaco che fa intervenire come unico metodo la polizia contro chi vive un disagio». Urla uno dei ragazzi dal suo megafono. E qui l’immagine del Potere viene rimandata ai manganelli usati per sgomberare le famiglie che occupano gli edifici perché non hanno di che campare. Ecco perché in questo pomeriggio di febbraio non ci sono solo “giovani protestatari” delle scuole superiori e dell’Università, ma anche qualche adulto disoccupato o sgomberato. «In questa manifestazione convergono tutte quelle persone che non ce la fanno più con i voucher, il job act e gli sfratti».

 A_mov_14_biscontrastare questo nuovo Leviatano, che, attraverso i media di massa mainstream, ha determinato una sorta di narcotizzazione della borghesia, piegata sulle disegualglianze, sulla dimensione privata della ricchezza, in spregio a tutto ciò che è bene pubblico, vi è la “generazione ingovernabile”. E’ una figura simbolica legata alle contraddizioni del proprio tempo. Una generazione che a Bologna è esplosa per la “costruzione dei tornelli” di entrata alla Biblioteca umanistica di via Zamboni 36. Una sorta di metafora dei muri, dove il controllo degli accessi si trasforma in un tema di sicurezza, questo, probabilmente, per l’incapacità o l’inerzia di un modello gestionale virtuoso che manca in tutta la visione della città. La motivazione che è stata alla base di questa scelta da parte del Rettore Ubertini è legata dunque all’ordine pubblico. Perché da come è stata descritta sembra che quello fosse un luogo di spaccio e violenza aperto a tutte le degenerazioni umane…

 A_mov_16_bGli studenti replicano che data la presenza massiccia di polizia giorno e notte in quella zona com’è possibile che proprio in una biblioteca non si riesca a impedire lo spaccio? E certo non è un badge ad impedirlo, dato che qualunque studente può averlo se vuole prodursi in questo tipo di attività… Se poi si pensa che dentro entrino spacciatori di professione e da fuori la polizia non riesce a garantire l’area, le forze dell’ordine certo non ci fanno una bella figura… I motivi sembrano in realtà altri tutti legati alla famosa contrazione degli spazi pubblici generata dalla dottrina della sicurezza, nuovo strumento di controllo sociale.

 A_mov_16_bisCosì la polizia tiene sotto controllo la biblioteca con agenti in borghese. Poi le azioni di commando una volta che i tornelli sono stati smontati come forma di protesta. L’aspetto più triste è che  sono state proprio le forze dell’ordine in tenuta antisommossa a metterla  a ferro e fuoco quella biblioteca. Ecco che i responsabili dei danni, per una sorta di metamorfosi dei fatti, sono diventati gli studenti. C’è uno slogan che viene ripetuto: «Eroina, fascisti e polizia uno per uno vi sbatteremo via». Poi questa frase viene declinata attraverso la visione di una società diversa: «A partire da oggi è iniziato un movimento di lotta… Oggi a Bologna si è aperto uno spazio di lotta. Ogni tornello sarà una barricata, fisica e non… Vogliamo la riapretura della Biblioteca umanistica…. Quello deve essere un polmone di ricchezza, per questo vogliamo un altro modo di pensare le relazioni in quel luogo, perché vogliamo ripensare alle relazioni nella società».

 A_mov_18_bisUn nuovo modello di società, diverso da quello dei fascismi e dei muri che il neoliberismo si cresce in seno: «Vogliamo combattere per un mondo più giusto. Siamo noi il futuro! Bologna libera! Il sindaco se ne deve andare! Il rettore se ne deve andare! Il questore se ne deve andare! Vogliamo far nascere a Bologna un progetto possibile, una città accogliente e meticcia».

 A_mov_19_bisMentre il corteo, in questo giovedì di febbraio sfila tra le strade del centro, bloccando la città, incuneandosi verso i viali, risuona spesso lo slogan dei ragazzi di Nuit Debut: «Tout le monde déteste la police». E qui entriamo in un ambito sociologicamente interessante, poichè la polizia è ormai diventata sinonimo di repressione delle istanze di libertà e dei diritti.

 A_mov_20_bisSe partiamo dal concetto che “non si combatte il disagio con i manganelli”, cosa che fa parte della realtà di tutte le aree metropolitane, dove sono stati picchiati sfrattati, migranti, studenti, e arriviamo ai fatti di Goro, dove un’intera cittadinanza ha violato le leggi con delle barricate, possiamo rintracciare precise coordinate legate al senso della differenza. A Goro la polizia non solo non ha manganellato nessuno ma anzi è andata a socializzare con i rivoltosi, quasi prendendosi cura di loro…

 A_mov_22_bisSe contestualizzate, le parole di questa generazione ingovernabile assumono un significato forte, e sottolineano come la forbice delle ingiustizie sia sempre più ampia, in una società come quella italiana dove la democrazia, cioè il sistema che garantsice il bene pubblico, sia stata esautorata dalle oligarchie economiche, finanziarie, territoriali che garantiscono gli interessi privati. E’ lo stesso paradigma che sta portando la magistratura bolognese ad accusare di associazione a delinquere Sara e Orlando, i due studenti arrestati in una manifestazione di qualche giorno fa dove ci sono stati scontri con la polizia. «Hanno dato l’associazione a delinquere a Sara e Orlando. Non ci faremo intimidire dalla criminalizzazione becera. I giornali nazionali ci hanno descritto come criminali. Noi andremo avanti!».

 A_mov_24_bisMa è lo stesso paradigma che impone ad una sigla sindacale come la CGIL di mettere i lavoratori dell’Università di Bologna contro i collettivi studenteschi, poiché avrebbero intimidito, cosa denunciata in un’assemblea pubblica. La risposta è arrivata dalle strade e dal suo corteo: «La CGIL ha voluto mettere i lavoratori di Unibo contro gli studenti, ma ci conoscono perché abbiamo fatto le lotte anche per loro».

 A_mov_25_bisIntanto si è fatto pomeriggio inoltrato, le luci artificiali danno un diverso colore al corteo che si accinge a concludersi, mentre nel frattempo in altre città italiane come Roma, Firenze, Pisa, Torino, Palermo, altre manifestazioni o presidi si stanno svolgendo da parte degli studenti universitari. Chissà se presto si incontreranno tutti a Bologna per gridare insieme che la loro rabbia è quella di tanti, perché come dicono loro è difficile vivere in una società dove si combatte il disagio con i manganelli, al di là delle generazioni…

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